Un successo italiano per eccellenza. Tanto da fare scuola in Europa. Ad aprile Bruxelles ha approvato in prima lettura una direttiva che mette al bando gli shopper di plastica, quelli che il nostro paese per primo al mondo ha escluso dal commercio già nel 2011. Ma non solo. Il Mater-bi, vale a dire la bioplastica con cui si realizzano le buste biodegradabili, è stato concepito negli anni ‘90 proprio in Italia e più precisamentnei laboratori della Novamont a Novara.

In che senso però il Mater-bi può dirsi biodegradabile? Davvero si disperde nell’ambiente senza lasciare traccia? «La biodegradabilità è una caratteristica che rende possibile una speciale forma di recupero dei rifiuti, vale a dire il compostaggio – spiega Francesco Degli Innocenti, responsabile Ecologia e Comunicazione ambientale di Novamont – Il Mater bi ha ottenuto la certificazione del Consorzio italiano compostatori, assegnata ai prodotti che si disintegrano in tempi brevi, sulla base dello standard europeo Uni En 13432 del 2002. Inoltre le nostre prove di laboratorio confermano che ha raggiunto una biodegradazione sul fondo marino superiore all’80% in circa 220 giorni. A conferma che tende a biodegradare rapidamente anche in condizioni naturali».

Spesso si dà per scontato che le plastiche biodegradabili siano formate esclusivamente da sostanze naturali. Ma è sempre così? La plastica tradizionale non è biodegradabile. Ma non perché deriva dal petrolio, piuttosto perché è il risultato di sintesi chimiche che hanno dato origine a strutture “innaturali”, non riconosciute dagli enzimi che permettono la biodegradazione.

Oggi è possibile creare queste strutture chimiche “innaturali” anche partendo dalla canna da zucchero e produrre bottiglie di plastica non biodegradabili ma “naturali”, perché di origine vegetale. Le cosiddette plant bottles, ossia bottiglie di plastica di origine vegetale, sono commercializzate in molti paesi. Non sono biodegradabili perché la struttura è identica a quella delle bottiglie prodotte a partire dal petrolio. I materiali in Mater-bi dal canto loro sono interamente biodegradabili ma non sono totalmente di origine vegetale. Infatti alcuni monomeri sono disponibili industrialmente solo dalla filiera petrolchimica. Questo, come detto, non inficia la biodegradabilità. Tuttavia si stanno implementando nelle bioraffinerie di Matrìca in Sardegna e di Mater-biotech in Veneto nuovi processi per produrre monomeri biodegradabili naturali.

Ma il processo di degradazione è totalmente sicuro per la salute e per l’ambiente? I polimeri del Materi-bi sono costituititi da monomeri. Possiamo raffigurare un polimero come un filo di collana, anzi come un fascio di fili, ciascuno costituito da “perle”, i monomeri, uno accanto all’altro. Quando il polimero biodegradabile è attaccato dai microrganismi rilascia le “perle” della collana, i monomeri. Questi non vanno molto lontano perché sono biodegradabili e vengono subito assorbiti dai microrganismi e metabolizzati.Quindi in realtà non c’è rilascio nell’ambiente perché la vita dei monomeri è brevissima. In ogni caso, alla fine del processo si effettuano test di ecotossicità per escludere ogni effetto negativo. Quindi la risposta è: sì, il processo è sicuro.

FONTE: La nuova Ecologia – Network di Legambiente

AUTORE: Marco Sfarra

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