È illegittima la delibera comunale che, immotivatamente, fissa le tariffe della TARI per rimessaggi di barche o roulotte in misura di pari a quelle previste per aree aperte di attività produttive o per arenili attrezzati, in quanto detti locali non sono tra loro assimilabili sotto il profilo della produzione dei rifiuti.
Con la sentenza in commento la Sezione II bis del TAR capitolino chiarisce ancora una volta i limiti che i Comuni devono necessariamente rispettare nella determinazione delle tariffe relative alla TA.RI. (Tassa sui rifiuti).
Com’è noto, la disciplina di questo tributo locale è abbastanza scarna, ma non per questo poco significativa; l’art. 1, co. 652, l. n. 147/2013 prevede, infatti, che i Comuni, nel rispetto del principio «chi inquina paga», possono “commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti”. Una disposizione, quest’ultima, dalla quale è possibile ricavare una prima, importante indicazione: le tariffe TARI devono essere proporzionali alla ‘quantità e qualità dei rifiuti’ prodotti (e quindi all’entità del servizio reso) secondo una dettagliata valutazione delle singole situazioni.
Ebbene, il caso di specie dimostra agevolmente come questo canone di ‘proporzionalità’ non sia sempre garantito dalle Amministrazioni comunali allorquando deliberano le tariffe TARI; il che, ça va sans dire, determina l’illegittimità di siffatte delibere.
In breve i fatti all’origine del giudizio: il proprietario di un terreno agricolo, sul quale esercita l’attività rimessaggio di roulotte, ha impugnato la delibera comunale di approvazione delle tariffe TARI laddove fissa la medesima tariffa per aree aperte di attività produttive, arenili attrezzati e rimessaggi. In particolare, il ricorrente ha censurato la legittimità della delibera in parola per violazione dell’art. 1, comma 652, l. cit., nonché per illogicità e contraddittorietà: la tariffa TARI per i rimessaggi risulta, infatti, “esorbitante e arbitraria” proprio perché fondata su una equiparazione (arbitraria e immotivata) tra aree radicalmente differenti sotto il profilo della produzione dei rifiuti.
Il TAR Lazio, disattendendo le difese del Comune resistente (le quali consistevano, essenzialmente, nella rivendicazione di uno spazio di discrezionalità dell’ente, insindacabile in sede giudiziaria), ha accolto il ricorso questione e gli argomenti ad esso affidati.
Più precisamente, il Collegio ha confermato che la determinazione delle tariffe TARI “deve ragionevolmente fondarsi su un’accurata istruttoria circa la produttività quantitativa e qualitativa dei rifiuti delle categorie e/o sottocategorie appositamente individuate”, sicché “la scelta dell’Amministrazione di includere i rimessaggi nel numero identificativo “7B” dell’all. A del provvedimento impugnato, in cui figurano anche la “aree aperte di attività produttive” e gli “arenili attrezzati”, […] non può che apparire illogica ed immotivata, essendo noto che i rimessaggi costituiscono, per definizione, meri depositi di “barche, roulotte o altri veicoli nel periodo in cui non sono utilizzati” e, quindi, risultando evidente come gli stessi – in ragione della peculiarità che li caratterizzano – si prestano a produrre un quantitativo di rifiuti certamente non ingente e, comunque, inferiore a quello delle differenti aree a cui risultano, invece, assimilati”.
In altre parole, il Collegio, muovendo dal nesso che deve intercorrere tra la tipologia di superficie (e la relativa ‘capacità’ di produrre rifiuti) e la tariffa per il servizio, ha rilevato come nel caso di specie lo stesso sia stato ‘reciso’ dalla delibera comunale impugnata. Indice di questo vizio funzionale dell’atto: l’assenza di una motivazione (e, ancora prima, di una istruttoria) idonea a giustificare la medesima tariffa per aree tra loro non assimilabili.
Le decisione in commento conferma, quindi, un ulteriore principio che, sebbene stenti a decollare nella prassi degli enti locali, appare ormai consolidato nella giurisprudenza amministrativa: i provvedimenti relativi alle tariffe TARI debbono essere caratterizzati da “una “congruenza esterna”, nel senso che debbono essere idonei a rivelare la ragionevolezza del percorso logico seguito dall’Amministrazione nel processo di individuazione dei coefficienti per le diverse aree del territorio” (cfr. Cons. St., Sez. V, 1 agosto 2015, n. 3781; Cons. St., Sez. V, 9 novembre 2011, n. 5908; Cons. St., Sez. V, 10 febbraio 2009, n. 750).