Il ricorso dinanzi alla Corte di giustizia europea è stato preceduto da una lettera di diffida della Commissione alle autorità elleniche in cui si segnalava l’incompatibilità della norma prevista dall’art. 26A, punto 1 del Codice relativo alla tassazione delle successioni con l’art. 63 del TFUE e con l’art. 40 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo. Non considerando la risposta della Grecia soddisfacente, la Commissione ha inviato un parere motivato a cui la Repubblica ellenica rispondeva confermando la compatibilità della norma interna con il diritto europeo. Da qui è scaturito il ricorso della Commissione dinanzi alla Corte di Giustizia Europea.
Il diritto interno – L’art. 26 A del Codice relativo alla tassazione delle successioni, rubricato “Esenzione della residenza principale”, prevede una specifica esenzione dall’imposta di successione relativa alla residenza principale se i beneficiari dell’esenzione sono greci o cittadini di altro Stato membro dell’Unione Europea che risiedono permanentemente in Grecia.
I motivi di ricorso della Commissione europea – In primo luogo la Commissione europea ha osservato che, sulla base del diritto interno greco, non godono dell’esenzione dall’imposta di successione due categorie di soggetti: i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea che non risiedono in maniera permanente in Grecia e i cittadini degli altri Stati appartenenti all’Accordo SEE, indipendentemente dal loro luogo di residenza. Se ne deduce pertanto che gli immobili localizzati in Grecia e ricevuti in eredità da tali categorie di soggetti subiscono una riduzione di valore, in ragione del maggior carico fiscale che gli eredi si trovano a sopportare, in violazione del principio generale di creare restrizioni ai movimenti di capitale, a cui le successioni sono assimilate per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia. Secondo la Commissione, la norma in esame favorirebbe esclusivamente gli eredi già residenti in Grecia, a danno dei soggetti che risiedono altrove.
Le ragioni addotte dalla Grecia – A parere della Repubblica ellenica, invece, la Commissione non ha colto gli obiettivi perseguiti dall’esenzione in argomento, che non è quella di creare una restrizione alla libera circolazione di capitali bensì quella di consentire a chi vive in maniera permanente nel Paese di acquistare una residenza principale in Grecia per via successoria. In quest’ottica, infatti, le persone che non risiedono permanentemente in Grecia occuperebbero l’immobile per periodi limitati o per scopi diversi da quelli abitativi. Pertanto, con l’esenzione speciale e limitata prevista dall’imposta di successione relativa alla residenza principale, il legislatore ellenico ha voluto aiutare i familiari del defunto che non dispongono di un immobile adeguato in Grecia, pur permanendovi stabilmente al momento in cui sorge l’obbligazione tributaria. Si tratterebbe, di conseguenza, di un vantaggio sociale.
Il giudizio della Corte di giustizia europea – In via preliminare la Corte ha ribadito un costante principio secondo cui l’imposta riscossa sulle successioni rientra nelle disposizioni del Trattato FUE relative ai movimenti di capitale quando gli elementi costitutivi non si trovino tutti all’interno di un solo Stato membro. Nella specie, le disposizioni di cui all’articolo 26 A, punto 1 del Codice relativo alla tassazione delle successioni attiene alla libera circolazione dei capitali, perché riguarda casi in cui i beneficiari siano cittadini di uno Stato diverso dalla Grecia ma che qui risiedono permanentemente, e va considerato nell’ambito di tale disciplina. Secondo la giurisprudenza della Corte, le misure vietate dall’articolo 63 del TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitale, comprendono anche quelle che hanno l’effetto di diminuire il valore della successione di un residente di uno Stato membro diverso da quello in cui il bene successorio è ubicato e che effettua la tassazione. Alla luce di ciò è indubbio che l’articolo 26 A, punto 1 del Codice ellenico costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali perché ha l’effetto di diminuire il valore di successione dell’erede che, sebbene soddisfi tutte le condizioni di legge, risieda permanentemente al di fuori della Grecia. Questi, pertanto, è assoggettato ad un onere tributario maggiore di quello sopportato dall’erede che risiede stabilente in Grecia. Sotto altro aspetto, affinchè una normativa nazionale operi una differenza legittima di trattamento ai fine dell’imposizione successoria tra soggetti residenti e non residenti è necessario che tale differenza di trattamento riguardi situazioni non paragonabili o che sia giustificata da imperativi interessi generali. Nel caso di specie, la Corte non ha ravvisato nessuno di tali due elementi. Da un lato, infatti, trattando in modo analogo le successioni immobiliari, salvo riguardo all’esenzione idonea a beneficiare l’erede, il legislatore nazionale ammette che non esiste alcuna differenza di situazione oggettiva che possa giustificare una differenza di trattamento. Inoltre, a parere della Corte non può esser condivisa la posizione della Repubblica ellenica quando invoca, quale giustificazione all’esenzione, l’esigenza di concedere all’erede residente stabilmente in Grecia un alloggio nel Territorio, perché il tenore letterale della norma non prevede alcun obbligo di stabilire la residenza principale nell’immobile oggetto di successione, né di occuparlo in via continuativa.
Le conclusioni della Corte Ue
Alla luce di tutte queste considerazioni la Corte di giustizia europea ha deciso di accogliere il ricorso della Commissione Europea e, condannando al pagamento delle spese processuali, ha statuito che “la Repubblica ellenica, adottando e mantenendo in vigore una normativa che prevede un’esenzione dall’imposta di successione relativa alla residenza principale, applicabile esclusivamente ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea residenti in Grecia, non ha adempiuto agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 63 TFUE e dell’art. 40 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo”.