La Guardia di finanza indaga sulla gestione poco trasparente delle risorse idriche da parte di alcuni consorzi di bonifica.
Un danno erariale da oltre 8 milioni di euro e 31 dipendenti pubblici – tra cuicinque dirigenti regionali – finiti nel mirino della Procura della Corte dei conti dell’Emilia-Romagna. E’ questo il risultato di un’indagine della Guardia di finanza di Bologna sulla gestione delle risorse idriche da parte di due consorzi di bonifica della provincia di Bologna: il consorzio della Bonifica Renana e quello del canale emiliano-romagnolo.
I finanzieri bolognesi del gruppo Tutela spesa pubblica, infatti, hanno scoperto mancati versamenti di canoni idrici per quasi sette milioni di euro (6.978.114 euro) per il periodo che va dal 2001 al 2017. A questo, va aggiunto un ulteriore spreco di 1,3 milioni di euro legati ad una cattiva gestione della ‘macchina’.
Gli ammanchi sono emersi a seguito di controlli svolti all’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna (Arpae), a cui “sono affidate le funzioni di concessione, autorizzazione, analisi, vigilanza e controllo sulla gestione delle risorse idriche”.
Di fatto, nei due consorzi è emersa una cattiva gestione delle risorse idriche pubbliche, dal momento che l’acqua è stata concessa senza alcuna autorizzazione a diversi soggetti, molto spesso società di capitali. Nel comunicato della Gdf si parla di “varie irregolarità riferite a forniture di acqua, per usi diversi da quelli irrigui in agricoltura, avvenute in assenza di titoli autorizzativi o con modalità difformi alla normativa vigente”.
I militari hanno scoperto che i consorzi “hanno distribuito risorse idriche ad una serie di soggetti, in prevalenza società di capitali, anche per finalità industriali, antincendio e igienico-ambientali in assenza di atti autorizzativi idonei e, quindi, senza il versamento dei rispettivi canoni alla Regione da parte degli utilizzatori”.
Complessivamente, il danno erariale calcolato dalle Fiamme gialle è di 8.355.218 euro. I finanzieri hanno già provveduto a segnalare alla Procura regionale della Corte dei conti i nominativi di 31 dipendenti pubblici coinvolti, “per la valutazione dei connessi profili di responsabilità”: tra questi ci sono cinque dirigenti regionali.
Dei 31, i 26 dipendenti pubblici coinvolti avevano il compito, a vario titolo, di “gestire il demanio idrico regionale”. I cinque dirigenti regionali, invece, “non hanno provveduto nel tempo a definire le strategie necessarie per superare le criticità stratificatesi nel corso degli anni, con conseguente lievitazione dei costi di funzionamento dell’apparato burocratico di altri 1,3 milioni di euro”.
Ora sarà la Procura della Corte dei conti a valutare quanto scoperto dalle Guardia di finanza.