La prova di equivalenza dei prodotti offerti nelle gare d’appalto come deve avvenire? La risposta la dà il Consiglio di Stato, Sezione III, con la Sentenza del 14.06.2017 n. 2930.
L’appalto in questione, esaminato dalla Sentenza, sarebbe in realtà una concessione di servizi per la quale, ai sensi degli artt. 20 e 27 del Codice, non avrebbero dovuto trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 86 e 87 in tema di obbligatoria specificazione degli oneri di sicurezza aziendali. Né vi sarebbe – secondo l’appellante – espressa e diversa previsioni nel bando. Per tale motivo la richiesta fatta, in sede di soccorso istruttorio, dalla stazione appaltante, aveva ad oggetto il documento di programmazione finanziaria e non gli oneri di sicurezza aziendali. Il giudice di prime cure avrebbe errato nel dare per scontato l’obbligatorietà dell’indicazione degli oneri di sicurezza interni, nonché travisato i fatti nel sostenere che la richiesta effettuata in sede di soccorso avesse ad oggetto gli oneri di sicurezza interni.
La prova di equivalenza dei prodotti offerti non può essere data in giudizio, ma deve avvenire in corso di gara, atteso che, altrimenti le esigenze di celerità e certezza del procedimento di gara, sarebbero frustrate dalla ipotetica facoltà dell’aggiudicatario di costringere l’Amministrazione a tenere in piedi sine die per l’esame della documentazione la struttura organizzativa predisposta per la gara fino all’esito di tutti i ricorsi giurisdizionali. Peraltro, tale rilievo è coerente con la stessa funzione giurisdizionale, che non consiste nel amministrare e gestire una gara pubblica, bensì nel verificare che detta gara si sia svolta nel rispetto di tutti i requisiti di legittimità (secondo quanto contestato in giudizio, ovviamente).
Per quanto concerne la verifica dell’equivalenza, l’art. 6-bis («conflitto di interessi») della l. 241-1990, introdotto dall’art. 1, comma 41, L. n. 190-2012, ai sensi del quale «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale non può applicarsi quando ci si trovi di fronte ad interessi che non sono in conflitto, ma sono convergenti in quanto volti alla migliore realizzazione dell’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione. Il contributo del progettista si rivela essenziale per la finalità di un’idonea ed approfondita istruttoria, poiché con il suo apporto l’Amministrazione può verificare, nell’interesse dell’Amministrazione stessa ed in modo circostanziato sotto il profilo tecnico, l’inidoneità del prodotto offerto.