Ad artigiani e piccole e medie imprese ogni anno la burocrazia costa cinque miliardi di euro, bruciando 47 giorni di lavoro di ogni imprenditore e 28 dei suoi dipendenti per un totale di 11 mila euro per impresa. Più della metà dell’Imu pagata dalle imprese che è di 9 miliardi all’anno.

La burocrazia costa alle Pmi cinque miliardi l’anno e 47 giorni di lavoro. Sono i costi di quella che viene definita la tassa nascosta alla quale vanno aggiunte le spese per gli specialisti e i consulenti esterni, frutto del sondaggio realizzato da Ipsos per conto della Cna ‘Quali e quanti oneri burocratici affrontano artigianato e Pmi in Italia?’.

Per la quasi totalità delle aziende è necessario il supporto di personale esterno per ovviare alle questioni burocratiche che nel 40% dei casi sono considerate pure formalità prive di qualsiasi utilità e per il 32% sono interamente a carico delle imprese.

La richiesta di informazioni ne è un esempio. Non solo è eccessiva e complessa ma spesso la stessa informazione è richiesta più volte.  Secondo l’indagine il 69% degli imprenditori si trova in disaccordo rispetto al presunto calo degli obblighi burocratici e il 40% non pensa proprio che oggi siano più semplici perché in molti casi sono stati automatizzati.

Il fisco rappresenta l’area da cui gli imprenditori si sentono maggiormente oppressi, soprattutto se operano nel settore dei servizi e se hanno pochi dipendenti. Fra gli aspetti più problematici, oltre alla perdita di tempo c’è la richiesta di un numero eccessivo di informazioni e la complessità degli adempimenti che spesso si fa fatica a comprendere.

Questa complessità espone poi l’azienda a grandi rischi per quanto riguarda errori o omissioni, inoltre spesso le informazioni richieste non sono di facile reperibilità.

Dopo il fisco, sicurezza e lavoro sono le aree più critiche per le aziende. In particolare la burocrazia che riguarda l’area ‘Ambiente e Sicurezza’, rileva il sondaggio Cna-Ipsos, investe solo una quota ridotta di imprese, in primis quelle che hanno a che fare con rifiuti pericolosi e, in seconda battuta, quelle che lavorano nei cantieri.

Per le aziende gli incubi arrivano sotto forma di tracciabilità del contate, Durc (documento unico di regolarità contributiva) e Sistri che per le imprese obbligate ad assolverlo vanta “una gravosità elevata”.

Poi c’è il capitolo ‘Consulenza esterna’. Il fisco, sottolinea l’indagine, è la materia nella quale maggiormente è richiesta la consulenza esterna poiché ritenuta l’area più complessa (da circa 900mila imprese pari al 64% del totale) e sicuramente quella più a rischio. Al secondo posto, in termini di complessità, ci sono gli adempimenti in materia di ambiente e sicurezza ritenuti particolarmente ostici da una impresa su tre.

Solo gli adempimenti relativi al lavoro vengono indicati come particolarmente complessi da una quota esigua di imprenditori (l’8% del totale).

FONTE: www.ict4executive.it

AUTORE: Luigi Ferro