Pubblichiamo lo studio del Censis che mette a confronto le scelte fatte in Europa per governare le grandi aree metropolitane con quanto previsot dal Disgeno di Legge del Governo su Province e Città metorpolitane. Come riportato nell’articolo del La Stampa, che ne spiega i contenuti, “il dibattiyo italiano ha assunto un connotato di assoluta specificità, che non trova riscontro in Europa”.
Secondo il DDL del Govenro, invece, in Italia saranno istituite:
– 10 Città metropolitane individuate con apposito elenco: Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria; Roma Capitale.
– La trasformazione delle 3 Province capoluogo di Regione a Statuto Speciale in Città metropolitana (Palermo, Trieste, Cagliari)
– La trasformazione in Città metropolitane delle 3 Province con più di 1 milione di abitanti (Bergamo, Brescia, Salerno);
– L’istituzione di 2 Città metropolitane nel Veneto dalla combinazione tra le Province di Padova, Vicenza, Verona e Treviso perché confinando, insieme contano più di 1 milione 500 mila abitanti;
– La trasformazione in Città metropolitane di quelle Province di regioni a Statuto Speciale in cui esista una legge regionale che le ha già individuate: è il caso di Messina a Catania in Sicilia.
Per queste 20 città metropolitane, l’una completamente diversa dall’altra, è previsto per legge lo stesso modello istituzionale.
“Come si può verificare dalla cartina allegata – nota il Presidente dell’Upi Antonio Saitta – le poche aree metropolitane presenti in Europa (lo studio ne mette a confronto 10 in tutto) sono governate attraverso sistemi istituzionali estremamente variegati, strettamente connessi alla realtà socio-economica e culturale dei territori cui si riferiscono. L’unica Città metropolitana ente autonomo, dotato di poteri e funzioni proprie è la Grande Londra, guidata da un sindaco e da una assemblea eletti direttamente dai cittadini. Le altre realtà sono prevalentemente Città Stato o Unioni di Comuni. In questo contesto si innesta il Disegno di Legge del Governo “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e Fusioni di Comuni” che prevede per l’Italia l’istituzione di ben 20 Città metropolitane. Aree che, come emerge chiaramente dalle tabelle numeriche di confronto contenute nello studio del Censis, non rispettano – se non per i casi di Roma, Milano, Napoli e Torino – i parametri economici, dimensionali, di popolazione e di densità abitativa stabiliti dall’OECD per individuare le Grandi aree metropolitane. Tra l’altro, come numerosi studiosi italiani, tra cui il Prof. Valerio Onida, hanno più volte rimarcato, non ha alcun senso individuare per legge un modello unico di governo per territori tanto differenti l’uno dall’altro. Infatti nel resto d’Europa le aree metropolitane sono nate per aggregazione rispetto ad esigenze ben precise e hanno adottato, caso per caso, gli strumenti di autogoverno più indicati. Se dunque l’obiettivo del Governo è quello, totalmente condiviso, di individuare per alcune specifiche aree del Paese che necessitano, per peculiarità che sono loro proprie e non di altre sistemi istituzionali speciali , allora attribuire questa “specialità metropolitana” ad aree che in nulla la rappresentano vuol dire annacquare questo strumento e continuare a non volere sfruttare il potenziale in termini di traino per lo sviluppo economico che la stessa Ue riconosce alle Città metropolitane.
Queste sono le motivazioni – conclude il Presidente dell’Upi – che ci hanno spinto a dissentire con le scelte fin qui adottate da Governo e Parlamento nel Disegno di legge ora all’esame del Senato rispetto alle Città metropolitane, rivolgendo un appello a che la scelta di queste aree fosse definita attraverso l’analisi di specifici parametri universalmente riconosciuti come quelli più idonei dai centri di studio italiani ed europe”.
FONTE: Upi (Unione Province d’Italia)
AUTORE: Barbara Perluigi