Una regolamentazione che rischia di mettere in ginocchio settori chiave dell’economia: ecco come il nuovo Regolamento UE contro la deforestazione e il degrado forestale impatterà su agricoltura e industria.
Pubblicato nel 2023 e operativo a partire dalla fine del 2025, si presenta come un’iniziativa ambiziosa per la tutela ambientale, ma nasconde dietro il velo della sostenibilità una serie di criticità che potrebbero affossare agricoltori, produttori e commercianti.
Cosa prevede la nuova normativa comunitaria?
Il provvedimento impone paletti rigidissimi su prodotti di largo consumo come legno, gomma, bovini, caffè, cacao, olio di palma e soia, imponendo a chiunque operi nel mercato UE di dimostrare che tali materie prime non siano legate alla deforestazione o al degrado forestale.
Questo significa che ogni operatore dovrà fornire:
- prove documentate sulla provenienza dei prodotti
- e dati dettagliati sulla geolocalizzazione dei terreni agricoli coinvolti.
Un obbligo che si traduce in un macchinoso e costoso sistema di monitoraggio, con la necessità di raccogliere certificazioni, realizzare controlli incrociati e affrontare ispezioni sempre più stringenti da parte delle autorità europee.
Le regole entraranno in vigore secondo questo calendario:
- 31 dicembre 2025: grandi operatori e i commercianti
- 30 giugno 2026: micro e piccole imprese.
Il Regolamento UE sulla deforestazione: “bavaglio verde” ad agricoltura e industria
Per le aziende agricole e le industrie del settore agroalimentare, ciò rappresenta un ulteriore aggravio burocratico che rischia di renderle meno competitive rispetto ai concorrenti extraeuropei. Le grandi multinazionali, con le loro strutture organizzative e finanziarie robuste, potranno probabilmente adeguarsi senza troppi problemi, ma i piccoli e medi produttori europei dovranno affrontare difficoltà insormontabili. L’aumento della complessità operativa e dei costi di adeguamento potrebbe portare molte imprese alla chiusura o all’abbandono di determinati mercati, con ripercussioni a catena su occupazione e sviluppo economico locale.
Inoltre, il regolamento sembra ignorare le profonde differenze tra le filiere produttive dei vari Paesi membri, imponendo un’unica soluzione che non tiene conto delle peculiarità locali. L’impatto sarà particolarmente pesante per le nazioni con economie fortemente legate all’agricoltura e all’esportazione di materie prime, che dovranno affrontare un’improvvisa impennata dei costi amministrativi e logistici. Senza contare il rischio di distorsioni nel commercio internazionale, con fornitori esteri che potrebbero decidere di deviare le proprie esportazioni verso mercati meno regolamentati, lasciando l’Europa isolata e sempre più dipendente da importazioni più costose e meno controllabili.
Il peso insostenibile della burocrazia “ambientalista”
A parole, l’idea di un mercato “deforestazione zero” potrebbe sembrare nobile. Nei fatti, si traduce nell’ennesima stangata per il comparto agroalimentare e industriale, già in affanno per l’aumento dei costi di produzione e la concorrenza globale. Le imprese europee, che si troveranno a dover rispettare regole sempre più stringenti, saranno meno competitive rispetto ai giganti internazionali meno vincolati da queste normative soffocanti. Il tutto mentre il mercato UE rischia di chiudersi in un’autarchia ecologista che avvantaggia le economie extraeuropee.
Non solo: la stretta normativa colpirà in modo sproporzionato le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse per adeguarsi rapidamente a queste regole capestro. Per loro, il regolamento entrerà in vigore dal 30 giugno 2026, ma i costi di adeguamento e le incertezze operative rischiano di spazzarle via dal mercato ben prima di quella data.
Il paradosso della sostenibilità: chi ci guadagna davvero?
L’UE continua a promulgare regolamenti ambientali senza una visione chiara degli impatti economici. Mentre le aziende europee dovranno affrontare l’ennesima corsa a ostacoli normativa, i Paesi terzi troveranno altri mercati in cui esportare i loro prodotti, aggirando i vincoli imposti da Bruxelles. Il risultato? Nessun reale beneficio per l’ambiente, solo una nuova zavorra per i produttori europei.
Inoltre, non è da escludere che le grandi multinazionali, con la loro capacità di adeguarsi più rapidamente alle nuove regole, siano le uniche a trarre vantaggio da questa stretta normativa, lasciando sul campo le imprese di dimensioni minori. Si ripropone dunque il solito schema: dietro il paravento della lotta alla deforestazione, si nasconde un meccanismo che favorisce i colossi a discapito delle realtà locali.
Una regolamentazione miope e disastrosa
Se l’UE avesse voluto realmente affrontare il problema della deforestazione, avrebbe potuto optare per soluzioni meno punitive, investendo in incentivi per pratiche agricole sostenibili o in accordi bilaterali con i Paesi produttori. Invece, ha scelto la via della rigidità normativa, ignorando il rischio di paralizzare intere filiere produttive.
Il Regolamento EUDR non è solo un attacco alle imprese, ma un manifesto di una politica europea sempre più scollegata dalla realtà economica. Mentre il resto del mondo corre, l’UE impone vincoli che rischiano di lasciarla indietro, condannando il suo tessuto produttivo a una lenta e inesorabile agonia.
Ecco invece la giusta prospettiva, da problema ad opportunità
https://www.rivistasherwood.it/t/commenti-proposte/regolamento-eudr-problemi-opportunita-imprese-italiane.html?fbclid=IwY2xjawI4DOhleHRuA2FlbQIxMQABHWhOnNVstUrxHxih9bbCqeVnQkYx0-0fda_JLA4EHVc17x8cKOIeiI3m7g_aem_Ux-lGwaT8cARNvjQhaxSVg