Reiterazione dei contratti a termine. La Corte Costituzionale ha pubblicato oggi sul proprio sito istituzionale, e dopo un mese e mezzo dai fatti, il video integrale dell’udienza pubblica del 17 maggio 2016 sul precariato scolastico e sul precariato pubblico in generale.
Dal video emerge la conferma di quanto avevamo anticipato nell’intervista del 20 maggio scorso all’avvocato Vincenzo De Michele, legale dei lavoratori, in merito alle posizioni dell’avvocatura dei lavoratori e alle tematiche affrontate all’udienza pubblica. Innanzitutto, con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia la Corte costituzionale si è riconosciuta anche formalmente giurisdizione, cioè si è sostituita alla Cassazione che con la sentenza n. 10127/2012 aveva negato ogni tutela ai docenti precari scolastici, affermando che la normativa sul reclutamento scolastico era compatibile con l’ordinamento comunitario. Ricorda De Michele che il Governo Letta con il D. L. n. 104/2013 per la scuola e i Conservatori di musica (e con il D.L. n.101/2013 per il pubblico impiego non scolastico) aveva immediatamente tracciato un percorso pluriennale di stabilizzazione di tutti i precari pubblici che avessero maturato i 36 mesi di servizio, grazie al ripristino del meccanismo del doppio canale per gli esiti del concorsone del 2012.
Da questo piano sono scaturite le immissioni in ruolo dei docenti e del personale Ata per l’anno scolastico 2013/2014, dei soli docenti per gli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016, compresi i contingenti della c.d. “Buona scuola” con le fasi 0, A e B, “salvo per la fase B – precisa De Michele – il singolare divertimento informatico di sopprimere le cattedre effettivamente disponibili per costringere alla mobilità territoriale decine di migliaia di docenti, per poi ‘salvarli’ in gran parte – tranne la ricorrente dell’ordinanza n. 249/2012 del Tribunale di Lamezia Terme, costretta a trasferirsi dalla Calabria a Varese per avere una stabilità lavorativa che già la sentenza Mascolo avrebbe dovuto garantirle nell’originaria sede di residenza – facendo ricomparire le cattedre sotto forma di supplenze su organico di fatto, dopo aver negato il diritto e nascosto il vero organico”.
In sede di discussione l’avvocatura dei lavoratori ha sollecitato l’intervento risolutivo della Consulta, con la declaratoria di incostituzionalità delle tante norme che continuano ad impedire la tutela effettiva dei lavoratori precari in tutto il pubblico impiego, anche non scolastico, nella parte in cui non consentono l’applicazione della sanzione effettiva riconosciuta al punto 55 della sentenza Mascolo del 26 novembre 2014 della Corte di Giustizia e dalla sentenza n. 27363/2014 della Cassazione della stabilità lavorativa al superamento dei 36 mesi di servizio anche non continuativi: l’art.36, commi 5, 5-ter e 5-quater, d.lgs. n. 165/2001; l’art.4, comma 14-bis, della legge n.124/1999; l’art.10, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001; l’art.29, comma 3, d.lgs. n.81/2015.
E’ stato chiesto, dunque, alla Corte Costituzionale di applicare integralmente i principi della sentenza Mascolo, come la Corte aveva già fatto con la sentenza Cartabia-Sciarra n. 260/2015 sui precari pubblici delle Fondazioni Enti lirici, in quel caso addirittura consentendo al Giudice del merito la conversione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro per il mero vizio genetico della mancanza di ragioni oggettive temporanee per ogni singolo contratto a tempo determinato.
E’ stato affermato, dai legali dei lavoratori, che la legge n.107/2015 non ha risolto nessuno dei problemi del precariato scolastico, anzi li ha aggravati creando situazioni di abnorme discriminazione, per aver immesso in ruolo con la fase C decine di migliaia docenti “casualmente” inseriti nelle graduatorie ad esaurimento senza neanche un giorno di servizio nella scuola pubblica, mentre decine di migliaia di supplenti (oltre 100.000 al 30 giugno 2016, secondo gli stessi dati ministeriali), cioè insegnanti di sostegno, docenti ITP, abilitati Pas e Tfa, diplomati magistrali, iscritti nelle graduatorie di III fascia, ecc., come tutto il personale Ata, pur avendo maturato i 36 mesi, sono costretti ad insegnare in modo precario.
Al fallimento della riforma si è aggiunto, sempre da parte dell’avvocatura dei lavoratori, il fallimento della soluzione giurisprudenziale adottata dalle Sezioni unite della Cassazione, evidenziando che, se non interverrà la Corte costituzionale a riportare l’ordinamento interno a condizioni di tutela accettabile ed equivalente a quella dei precari nell’impiego privato, il contenzioso subirà un aumento esponenziale con decine di migliaia di cause in tutte le sedi giudiziarie, compresa la Corte europea dei diritti dell’uomo e nuovamente la Corte di giustizia, a causa della flagrante violazione delle regole del giusto processo e della normativa comunitaria da parte del Giudice di ultima istanza.
“Infine – commenta l’avvocato Vincenzo De Michele – si è ricordato lo straordinario atto di stile e di dignità del Presidente della Repubblica che, con il decreto n. 29/C/2016 di cui ha dato informazione soltanto il giornale Il Fatto quotidiano, ha disposto la stabilizzazione dei precari del Quirinale che hanno superato i 36 mesi di servizio, in applicazione della normativa interna e dei principi europei, nonostante l’Organo costituzionale non sia obbligato ad attuarli.
Lanciando in questo modo un chiaro segnale per tutti nella direzione della stabilizzazione di tutti i rapporti precari nel pubblico impiego, anche nei confronti della Corte costituzionale, di cui il Presidente Mattarella era Giudice ed Estensore dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale Ue, decisa dalla sentenza Mascolo, che le Sezioni unite si rifiutano di applicare assecondando il legislatore della pessima riforma della cattiva scuola e della precarizzazione dei rapporti di lavoro pubblici e privati del Jobs act”.