A lanciare l’allarme è una nota dei sindacati del comparto pubblico: il DEF, Documento di Economia e Finanza 2023, frenerebbe sul versante stipendi e su quello assunzioni dei dipendenti pubblici.
Il dato sarebbe emerso già da un recente question time, nel quale il ministro Zangrillo ha risposto a un’interrogazione parlamentare della deputata del PD Simona Bonafè, chiarendo che non sono previste risorse aggiuntive per rinnovare i contratti e aumentare gli stipendi.
Nonostante tutto Zangrillo, in una successiva intervista a Sky avrebbe spiegato che spera che “nel corso dei prossimi mesi ci siano le condizioni perché si possa avere una situazione migliore del Def, che è prudente. Abbiamo l’impegno a trovare queste risorse, se vogliamo una pubblica amministrazione attrattiva è chiaro che non possiamo dimenticarci di una voce importante“. Tuttavia ha anche ammesso che “Non possiamo pensare di scassare i conti dello Stato“.
Un allarme rilanciato successivamente anche da alcuni sindacati del pubblico impiego, che avrebbero spiegato le motivazioni e fornito i numeri relativi a questo stop.
Stipendi e assunzioni dei dipendenti pubblici bloccati dal DEF 2023?
Secondo una nota congiunta del sindacato UIL per il Pubblico Impiego (UILFLC, UIL Scuola, UILPA) il DEF – Documento di Economia e Finanza 2023 pone un serio freno ad una trattativa seria sul rinnovo per il CCNL 2022-2024.
Il DEF sancisce un blocco di fatto anche delle assunzioni: da qui al 2026 la P.A. ha bisogno di 726mila unità solo per sostituire coloro che andranno in pensione, secondo quanto stabilito dalle previsioni ANPAL e Unioncamere.
Si tratterebbe putroppo di una continuità con il passato, secondo quanto spiegato dal Sindacato: nel 2022 l’incidenza sul PIL della spesa per le retribuzioni dei dipendenti pubblici è diminuita rispetto al 2021, nonostante l’aumento del 5,8% per via degli effetti economici dei CCNL 2019-2021.
Un decremento spiegato dallo Stato per il “rallentamento” delle procedure concorsuali.
In conclusione, secondo l’allarme lanciato dai sindacati, i numeri del DEF sono spietati: non ci sarà nessun recupero dei livelli occupazionali pregressi e nemmeno una sostituzione completa delle uscite.
Si tratta dunque di cifre che ricadranno sul personale del comparto pubblico ed impatteranno negativamente, a quanto pare, sui prossimi rinnovi: si temono cifre irrisorie in aumento o, nel peggiore dei casi, il blocco degli aumenti per le prossime tornate di trattativa per i nuovi CCNL.
Ovviamente tutto questo meccanismo non va a bloccare o a “toccare” quanto è già stato formulato nelle recenti firme contrattuali valide per la vigenza 2019-2021. Ma è il prossimo triennio, quello 2022-2024, a quanto pare, ad essere a rischio.
Scopriremo nel prossimo futuro quale sarà l’evoluzione della vicenda per le “tasche” dei dipendenti e come risponderà il Governo a questa situazione.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
impossibile darci cifre irrisorie rispetto al passato 😀
ecco come sta cambiando l’italia la Meloni, anche a spese degli statali