rimborso TFRLa Corte Costituzionale si prende altro tempo per valutare la legittimità delle norme sulla rivalutazione degli assegni pensionistici. E’ stata infatti spostata al 5 luglio l’esame delle ordinanze sollevate dai sei tribunali che hanno accolto i ricorsi presentati dai pensionati che contestano la costituzionalità del decreto Poletti.  Secondo i ricorrenti il decreto sarebbe in contrasto con quanto già espresso dalla Consulta che aveva dichiarato l’incostituzionalità del blocco rivalutazione della pensione per gli anni 2012 e 2013 operato dalla Riforma Fornero.

 

La questione, come noto, riguarda i pensionati che percepivano una prestazione superiore a tre volte il trattamento minimo inps nel 2011 o nel 2012 (circa 1.450 euro lordi ovvero 1.100 euro netti al mese) e, pertanto, non hanno ottenuto la rivalutazione del reddito pensionistico a causa della legge Fornero nel biennio 2012-2013. La corte Costituzionale nel maggio 2015 ha dichiarato, tuttavia, l’incostituzionalità di tale norma ripristinando, pertanto, il diritto ad una piena rivalutazione degli assegni pensionistici. Un effetto però in buona parte vanificato dal Governo che, con il decreto legge 65/2015, ha riconosciuto una rivalutazione solo parziale dei trattamenti tra le tre e le sei volte il minimo e ha riconfermato il blocco totale della perequazione per gli importi superiori a 6 volte il minimo.

 

Il blocco della rivalutazione, è bene ricordarlo, è subdolo in quanto non interessa solo le annualità in cui è scattato il blocco, cioè gli anni 2012 e 2013, ma si trascina in modo strutturale in tutti gli anni successivi in cui il pensionato percepisce l’assegno. Il blocco della rivalutazione riduce, infatti, la base del rateo pensionistico su cui ogni anno si applica la perequazione dell’assegno e, pertanto, l’importo messo in pagamento risulta ogni anno inferiore anche di migliaia di euro (per gli importi più elevati) rispetto al dovuto.

 

I giudici dovranno pronunciarsi sui seguenti dub­bi di costituzionalità: violazio­ne del principio di uguaglianza per il deteriore trattamento dei percettori di trattamenti pen­sionistici rispetto alle generali­tà dei percettori di altra tipolo­gia di reddito, lesione del prin­cipio di capacità contributiva, violazione dei principi della proporzionalità e adeguatezza della retribuzione (anche diffe­rita), violazione di obblighi in­ternazionali derivanti dalla Ce­du (la Corte europea dei diritti dell’uomo). Se la Corte desse ragione ai ricorrenti il Governo dovrebbe rimettere mano per la seconda volta in due anni alla normativa. Sempre il 5 luglio, sotto la lente dei giudici costituzionali finirà il prelievo di solidarietà cui sono sottoposte le pensioni corrisposte dall’Inps e in gene­rale dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatorie a partire dalla quota superiore a 14 volte il trattamento minimo (prelievo del 6, 12, 18% a secon­do dell’entità dell’assegno).