La Corte di Cassazione ribadisce un orientamento già espresso in precedenza: gli istituti previdenziali sono responsabili dei danni patiti dagli assicurati per erronee informazioni contenute nell’estratto conto anche non avente valore certificativo. L’Inps è responsabile degli errori presenti nell’estratto conto contributivo. Lo ha precisato ieri la Corte Suprema di Cassazione (sentenza 2 maggio 2016, n. 8604) con la quale i giudici di Piazza Cavour hanno analizzato i contorni della responsabilità dell’ente previdenziale per i danni patiti dal lavoratore a causa di errori presenti nell’estratto conto contributivo.
“Il lavoratore indotto alle dimissioni da colpevole comportamento dell’Inps – precisano i giudici – ha diritto al risarcimento del danno in un importo commisurabile a quello delle retribuzioni perdute fra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quella dell’effettivo conseguimento della detta pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario, ottenuto col versamento di contributi volontari, da sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati”.
La questione risale al 2001 quando un lavoratore ha chiesto e ottenuto un estratto conto contributivo, sulla base del quale, nel 2003, ha accettato la messa in mobilità da parte dell’azienda, con la prospettiva di accedere alla pensione, la cui domanda è stata effettivamente presentata nel 2006. In quel momento si è scoperto che l’estratto conto conteneva però errori sul numero di contributi e di conseguenza il lavoratore è rimasto senza pensione nè reddito dall’aprile 2006 all’ottobre 2007. Un periodo di quasi un anno che ora l’Inps dovrà risarcire.
La vera novità della decisione dei giudici sta però nel ritenere responsabile l’Istituto anche per un semplice estratto conto non certificativo trasmesso all’interessato ancorchè non sia stato firmato dal funzionario preposto. Secondo i giudici in questi casi è preponderante “il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino nei confronti di tutti i rapporti di diritto pubblico” che obbliga “la pubblica amministrazione a non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi indisponibili, fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative”. “Informazioni di tale natura devono ritenersi non conformi a correttezza… nonché incidenti su interessi al conseguimento e godimento di beni essenziali della vita, come quelli garantiti dall’articolo 38 della Costituzione”.
L’orientamento dei giudici dovrebbe suggerire all’Inps e agli altri istituti previdenziali a prestare particolare attenzione e cura nell’elaborazione delle informazioni periodicamente inviate agli interessati. A questo punto, infatti, anche le indicazioni contenute nella busta arancione che l’Istituto tra inviando in questi giorni potrebbero essere fonte di responsabilità dell’ente laddove le informazioni si rivelassero sbagliate ed inducessero il lavoratore, per esempio, a lasciare il posto di lavoro immaginando di andare in pensione entro breve.