Una serie di proposte di legge all’esame della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati chiedono di limitare le forti penalizzazioni subite dai superstiti che percepiscono una pensione di reversibilità qualora siano titolari di altri redditi.
Garantire al congiunto superstite sino al 100% della pensione del defunto qualora il beneficiario non abbia alcun reddito proprio. E rendere pienamente cumulabile il trattamento di reversibilità sino a 6 volte (dai 3 attuali) il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti; percentuale di cumulabilità che scende al 75% se il reddito è superiore a 7 volte il trattamento minimo, e al 50 per cento se il reddito è superiore a 8 volte il trattamento minimo.
E’ quanto prevede la proposta di legge Rostellato/Labriola (C.1066) uno dei quattro disegni di legge all’esame della Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati in materia di cumulabilità dei trattamenti pensionistici di reversibilità. Ancora piu’ drastica la proposta Bobba (C. 168) che prevede la completa cumulabilità del reddito del coniuge superstite con quello del de cuius con l’ulteriore introduzione dell’imposta sostitutiva, pari al 20 per cento, per i redditi derivanti dai trattamenti di reversibilità. Un iter difficile, non ancora concluso, che mira però ad affrontare una questione di tutto rispetto nata con la Riforma Dini del 1995.
Oggi infatti se il coniuge superstite ha un reddito inferiore a tre volte la pensione minima dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) la reversibilità spetta nella misura intera pari al 60 per cento di quanto avrebbe percepito o percepiva in vita il dante causa; superato questo limite di reddito si applica la riduzione del 25 per cento fino a quattro volte il trattamento minimo, del 40 per cento tra quattro e cinque volte e del 50 per cento se il reddito del beneficiario supera di cinque volte il trattamento minimo della pensione dell’INPS.
Una penalità che appare, secondo le associazioni di categoria che sostengono il progetto, ingiustificata e iniqua sotto vari aspetti. In primis perchè premia, per esempio, coloro che vivono nel sommerso, danneggiando invece coloro che denunciano regolarmente i propri redditi.
In secondo luogo perchè in molti casi dà luogo a disparità di trattamento, dovute al fatto che per i redditi superiori ai tetti indicati in tabella la trattenuta scatta a prescindere dall’importo della pensione. Nessuna riduzione ad esempio scatta per il coniuge superstite con una pensione ai superstiti annua di 35 mila euro e altri redditi per 15.000 euro: l’assegno non subisce riduzioni perché il reddito (quello della reversibilità è sempre escluso) non supera il limite minimo di 19.600 euro circa fissato dalla legge nel 2015.
Diversamente il coniuge superstite con una pensione ai superstiti di 15mila euro e uno stipendio (o una pensione di vecchiaia) di 35 mila vedrà un taglio dell’assegno di reversibilità del 50% perché il reddito di lavoro (o di pensione diretta) supera la soglia massima di 32.600 euro. Il risultato dunque non è omogeneo, pur avendo entrambi i coniugi le stesse entrate: il primo può disporre dell’intera somma di 55mila euro, mentre il secondo, soggetto al taglio della pensione, deve accontentarsi di un importo ridotto.
Su un piano generale, poi, va considerato che una correlazione tra la misura della pensione e la titolarità di altri redditi è propria delle prestazioni assistenziali (assegno sociale, trattamenti al minimo ecc.), mentre è del tutto illogica per le prestazioni previdenziali che vengono calcolate in base alla effettiva contribuzione versata e quindi restano indipendenti da eventuali altri redditi dei beneficiari.
L’iter del progetto di Riforma non sarà comunque facile per via dei costi. Non a caso la Commissione Lavoro, stante la contrarietà del Governo ad una modifica in tal senso, ha provveduto a nominare un Comitato Ristretto al fine di valutare soluzioni alternative che consentano di giungere ad una riduzione dei costi con l’adozione di un testo base comune da sottoporre.