Per gli statali la legge di stabilità si conferma amara. Non solo arriva una mancia per il rinnovo della parte economica del contratto per la quale il Governo mette sul piatto circa 300 milioni di euro (di cui 74 milioni per le Forze Armate e i Corpi di Polizia) ma viene introdotta un’altra frenata per le possibilità di spesa nel pubblico impiego: nei testi aggiornati del disegno di legge di Stabilità viene fissata una nuova percentuale di turn over, che questa volta riguarda sia la Pa centrale sia quella locale (regioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno) e ferma per i prossimi tre anni la spesa per le assunzioni al 25% dei risparmi ottenuti con le uscite dell’anno prima.
Dunque si blocca la Riforma Madia che avrebbe visto passare al 60% dal prossimo anno lo svincolo delle nuove assunzioni sia per gli enti locali che per le amministrazioni centrali, percentuali comunque teoriche, in particolare negli enti locali dato che possibilità di nuovi ingressi sono state di fatto congelate dall’esigenza di ricollocazione del personale in uscita dalle Province, e dal prolungamento dei tempi di avvio delle operazioni di mobilità. C’è solo una deroga al limite del 25%: negli enti territoriali interessati dal processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali la percentuale del turn-over viene fissata all’80% proprio per consentire l’assorbimento degli esuberi provenienti dalle ex-province.
Chi, tra il personale delle Province, è riuscito nel 1° bando istituito dal Ministero a collocarsi in posizione utile, entro il 31 gennaio 2016 entra di diritto negli organici. Viene tolto, ai fini del trasferimento, l’obbligo di acquisire prima il beneplacito della Provincia o della Città metropolitana da cui si proviene.
Sempre sul fronte dei tagli ci sarà una sforbiciata del 10% ai fondi per gli uffici di diretta collaborazione dei ministri ed un tetto ai trattamenti accessori del personale (anche di qualifica dirigenziale) che non potranno salire rispetto al 2015 in attesa della riduzione a quattro dei comparti e dell’attuazione della Riforma Madia sul pubblico impiego. A spuntarla, nell’ultima versione del testo, sono i dirigenti pubblici che non vedranno la riduzione del 10% dei fondi per la retribuzione di risultato come si era ipotizzato in un primo tempo; di converso si conferma un alleggerimento degli organici dato che saranno resi indisponibili i posti dirigenziali vacanti in prima e seconda fascia nelle amministrazioni statali.
Tagli interessano anche la scuola con una sforbiciata di 60 milioni per le supplenze brevi e altri due milioni l’anno, dal 2016 al 2018, per le supplenze nelle scuole all’estero. C’è poi un piano per i ricercatori per i quali la manovra stanzia 55 milioni per il 2016 e 60 milioni a decorrere dal 2017 da inserire nel Fondo di finanziamento ordinario degli atenei (Ffo) per l’assunzione di mille ricercatori a tempo indeterminato, quelli previsti dalla riforma Gelmini e maggiormente costosi per le università per la possibilità degli assunti di salire sino all’ambito ruolo di professore associato.