Buone notizie per gli Ex Precari degli Enti Locali: inammissibili le censure alla Legge Regionale Siciliana di Stabilizzazione.
La Corte Costituzionale (sentenza n. 279/2020) non ha asserito la legittimità costituzionale della legge regionale sulle stabilizzazioni ma ha dichiarato inammissibili le eccezioni all’art. 3, comma 3, della legge della Regione Siciliana 6 agosto 2019, n. 15 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di autonomie locali), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, ed alle «competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale».
Tanto è bastato agli ex precari degli enti locali per stappare una bottiglia di bollicine e brindare con più tranquillità al 2021.
Quali erano i rischi per il personale?
Il rischio, molto concreto, era quello che la disposizione voluta dal legislatore regionale siciliano, nell’estendere il beneficio della stabilizzazione al personale non assunto tramite concorso pubblico, ampliando la sfera dei destinatari, avesse violato la regola della concorsualità, stabilita dall’art. 20, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, con ciò ponendosi in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.
Un’eventuale pronuncia in tal senso della Corte Costituzionale, affermando l’illegittimità delle procedure adottate, poteva anche porre nel nulla le assunzioni dei precari storici degli enti locali siciliani.
L’art. 20, comma 1, lettera b), del D. Lgs. citato, subordina, infatti, la stabilizzazione dei lavoratori precari all’essere stati reclutati con procedure concorsuali.
La norma impugnata, inoltre, si sosteneva nel ricorso, «eccede anche le competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale, approvato con R. D. Lgs. 15 maggio 1946, n. 455».
La Regione Siciliana, richiamando la giurisprudenza costituzionale, ha rilevato la sommarietà e l’incompletezza del ricorso ed ha eccepito l’inammissibilità delle questioni promosse anche per la mancata definizione dell’oggetto del giudizio e per l’incertezza dei termini delle questioni.
L’illegittimità Costituzionale
In passato, la Corte ha affermato che il ricorso per illegittimità costituzionale ben può dedurre la violazione dell’art. 117 Cost. e postulare che la normativa regionale o provinciale impugnata eccede dalle competenze statutarie quando a queste ultime essa non sia in alcun modo riferibile (sentenza n. 16/2012), fermo restando che la motivazione del ricorso su tale profilo dovrà divenire tanto più esaustiva, quanto più, in linea astratta, le disposizioni censurate appaiano invece inerenti alle attribuzioni dello statuto di autonomia (sentenze n. 213/2003 e n. 151 del 2015).
L’omissione dell’indicazione delle competenze statutarie non inficia di per sé l’ammissibilità della questione promossa quando la normativa impugnata dal ricorrente non sia in alcun modo riferibile alle competenze statutarie, così da doversi escludere l’utilità dello scrutino alla luce delle disposizioni statutarie (sentenze n. 194 e n. 25 del 2020).
Le questioni di legittimità costituzionale promosse sono state, tuttavia, “provvidenzialmente” ritenute inammissibili per altri profili, in parte coincidenti con quelli eccepiti dalla difesa della Regione Siciliana.
L’Avvocatura dello Stato aveva già rinunciato ad un precedente ricorso su materia analoga ed in parte coincidente.
Con la sentenza n. 199/2020, la Corte Costituzionale ha, tra l’altro, dichiarato l’estinzione del giudizio di costituzionalità relativo alla impugnazione dell’art. 22, comma 3, della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale) ‒ norma sostituita dalla disposizione regionale impugnata ‒ proprio in seguito alla intervenuta rinuncia al ricorso da parte dell’Avvocatura generale.
A distanza di qualche mese è intervenuta la nuova disposizione regionale e sembrerebbe che sia stata solo l’aggiunta operata dal legislatore siciliano ad aver determinato l’impugnazione dello Stato.
Lo stesso legislatore regionale è, poi, prontamente intervenuto ad eliminare la parte aggiuntiva e a riportare la norma alla sua formulazione iniziale, quella che non era stata oggetto della richiamata delibera governativa di autorizzazione all’impugnazione, ma di un’impugnativa (naturalmente inammissibile per tale ragione) poi rinunciata dall’Avvocatura.
Pertanto, la norma impugnata, nel testo attualmente vigente in seguito alla modifica apportata dall’art. 32 della legge reg. Siciliana n. 17/2019, è identica alla norma per la quale vi è stata la dichiarazione di estinzione del processo (sentenza n. 199/2020).
Con buona pace di tutti i protagonisti, l’Avvocatura – secondo la Corte – non ha dato conto nel ricorso, né in alcuna successiva memoria, dello sviluppo normativo della disposizione regionale e non ha chiarito, in modo adeguato, le ragioni delle censure di merito.
Il ricorrente avrebbe, altresì, omesso di motivare in ordine all’attinenza dell’art. 20, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 75/2017, ai principii di coordinamento della finanza pubblica, limitandosi ad affermare che la disposizione regionale viola l’art. 117, terzo comma, Cost.
Conclusioni
L’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale si pone in termini perfino più pregnanti nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale.
Il ricorso in via principale deve contenere “una seppur sintetica argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale della legge. In particolare, l’atto introduttivo al giudizio non può limitarsi a indicare le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità, ma deve contenere […] anche una argomentazione di merito, sia pure sintetica, a sostegno della richiesta declaratoria di incostituzionalità, posto che l’impugnativa deve fondarsi su una motivazione adeguata e non meramente assertiva”.
L’incompletezza delle argomentazioni proposte nel ricorso hanno, pertanto, di fatto, salvato le migliaia di ex precari siciliani.
Il testo della Sentenza
A questo link potete consultare il testo completo della Sentenza.
Fonte: articolo di Luciano Catania, segretario del Comune di Enna