Con l’introduzione delle “pagelle” per i magistrati, la riforma Cartabia inaugura una stagione di cambiamenti profondi nel sistema giudiziario italiano.
Per la prima volta, giudici e pubblici ministeri saranno valutati secondo criteri che combinano merito e trasparenza, attraverso l’introduzione dei voti. Un cambiamento ambizioso, ma non privo di interrogativi, che punta a garantire maggiore efficienza senza compromettere l’autonomia della toga.
Le nuove pagelle per i magistrati
“Discreto”, “buono” o “ottimo”: sono queste le nuove pagelle previste per i magistrati nell’ambito delle valutazioni introdotte dalla riforma Cartabia. La capacità organizzativa dei giudici e dei pubblici ministeri sarà giudicata attraverso un sistema di valutazione delineato dal Consiglio superiore della magistratura, seguendo le indicazioni contenute nel d.lgs. 44 del 28 marzo 2024, adottato in attuazione della legge delega n. 71 del 17 giugno 2022.
La circolare che definisce i criteri “oggettivi e meritocratici”, come richiesto dalla normativa, ha ottenuto l’approvazione a maggioranza del plenum del Csm, con una sola astensione. Questo modello valutativo, che unisce parametri statistici legati alla quantità e alla qualità del lavoro, intende ridurre la dipendenza gerarchica dai dirigenti degli uffici.
Le modalità di valutazione professionale
Tra le molteplici innovazioni introdotte dalla riforma Cartabia, spiccano le nuove modalità di valutazione della professionalità dei magistrati. Ispirata ai principi di trasparenza, efficienza e qualità, la riforma mira a incentivare il merito e a stabilire criteri di giudizio più stringenti e oggettivi. Alcuni di questi criteri rappresentano una novità assoluta, mentre altri costituiscono un’evoluzione di regole già esistenti. La principale innovazione è l’introduzione di un sistema di valutazione organizzativa, le cui funzionalità operative saranno pienamente attive solo con l’implementazione dei sistemi informatici ministeriali necessari per l’estrazione dei dati statistici e la campionatura dei provvedimenti.
La riforma si propone anche di limitare il più possibile le influenze soggettive, orientando le valutazioni verso parametri oggettivi come l’efficienza operativa, la tempestività e la qualità complessiva del lavoro svolto. Sarà istituito un monitoraggio costante delle prestazioni dei magistrati, con verifiche periodiche volte a garantire una continuità nel mantenimento della professionalità. Per raggiungere questo obiettivo, è prevista la digitalizzazione del fascicolo personale e di quello valutativo di ciascun magistrato.
Altro pilastro della riforma è la promozione della formazione continua, incentivando la partecipazione a corsi di perfezionamento e aggiornamento professionale, così da mantenere elevati gli standard qualitativi delle decisioni giudiziarie. Parallelamente, si punta a migliorare l’efficienza complessiva del sistema, stimolando i magistrati a decidere con maggiore rapidità e coerenza, riducendo i tempi processuali e garantendo un accesso più agevole alla giustizia. Gli standard medi di rendimento, attualmente in fase sperimentale, saranno applicati in modo completo una volta concluso il periodo di prova.
Parametri statistici e valutazione qualitativa
Il Consiglio superiore della magistratura ha optato quindi per una soluzione intermedia. Unicost ha evidenziato che delegare interamente al dirigente la valutazione delle competenze lavorative avrebbe consolidato una struttura troppo gerarchica all’interno degli uffici giudiziari. Al contempo, basare la valutazione esclusivamente sui numeri avrebbe ridotto la valutazione a un mero calcolo quantitativo.
Per questo motivo, il Csm ha scelto di combinare parametri statistici con valutazioni qualitative che permettano, in determinate situazioni, di ottenere il punteggio massimo anche senza il parere positivo del dirigente. Parallelamente, sono state introdotte clausole di salvaguardia, con il coinvolgimento del capo dell’ufficio per casi specifici, così da tener conto delle peculiarità soggettive e oggettive.
Tra i criteri utilizzati vi sono l’indice di smaltimento, calcolato come rapporto tra i procedimenti conclusi e la somma di quelli pendenti e sopravvenuti e l’indice di ricambio, che misura i procedimenti definiti rispetto alle nuove pendenze. Le nuove disposizioni saranno applicabili unicamente alle valutazioni quadriennali che iniziano successivamente all’entrata in vigore della delibera.
Un altro elemento rilevante è l’identificazione di anomalie gravi, che si manifestano quando i provvedimenti di un magistrato vengono riformati o annullati a causa di vizi sostanziali o abnormità significative. Tuttavia, sarà compito del Csm determinare se tali eventi siano occasionali oppure indicativi di una criticità più profonda. La scelta di fissare la soglia di criticità a due terzi dei provvedimenti annullati, riformati o rigettati ha suscitato polemiche, ma è bene tenere a mente che alcune riforme dei provvedimenti rientrano nella normale fisiologia del sistema. Nell’ambito del processo penale, ad esempio, rilevano modifiche alla pena, concessioni di attenuanti o riconsiderazioni del bilanciamento tra le circostanze. Nel processo civile, invece, si possono annoverare variazioni nella ripartizione delle spese legali o modifiche del regime di visita dei figli nelle cause di separazione. In ogni caso, l’incidenza statistica sarà valutata caso per caso, evitando giudizi automatici e non ponderati.
Il parere del Csm
Sulla questione è intervenuta Isabella Bertolini, componente laica del Csm e presidente della commissione del Csm per le Valutazioni di professionalità. La stessa, durante la spiegazione dinanzi al plenum del Csm del contenuto della nuova circolare, ha sostenuto che la magistratura è in grado di adattarsi alle esigenze della società, di autoriformarsi e di adottare regole che rendano il suo operato più trasparente e credibile. Il provvedimento, approvato con la sola astensione di Ernesto Carbone (Iv), è il frutto di un lungo lavoro di approfondimento avviato durante la presidenza della togata Bernadette Nicotra.
“Certamente potevamo essere più coraggiosi, ma garantisco che già questo risultato non è stato facile da raggiungere, perché ha incontrato diverse opposizioni. I grandi cambiamenti, comunque, si fanno a piccoli passi, superando le legittime resistenze, e nella magistratura di resistenze ce ne sono molte, che si incontrano”, ha sottolineato Bertolini. La normativa stabilisce chiaramente che le valutazioni di professionalità non possono riguardare né l’interpretazione delle norme né la valutazione dei fatti e delle prove.
Tuttavia, il togato indipendente Andrea Mirenda ha espresso perplessità, affermando che la riforma Cartabia minerebbe l’indipendenza della magistratura, imponendo un produttivismo irrazionale. Inoltre, il sistema delle “pagelle” rischia di esporre i magistrati a dinamiche di potere interne.
Il nuovo sistema genera comunque alcune perplessità
In primo luogo, sebbene l’introduzione delle “pagelle” punti a migliorare trasparenza ed efficienza, l’enfasi sui criteri statistici solleva il timore di un approccio prettamente produttivistico. Valutare la professionalità dei magistrati attraverso numeri rischia di ridurre il loro lavoro a una mera logica quantitativa, trascurando la complessità del ragionamento giuridico.
Inoltre, i voti partono dal livello “discreto”, senza contemplare l’insufficienza. Ciò solleva alcuni interrogativi sull’effettiva capacità del sistema di premiare il merito e individuare le criticità. Escludere una valutazione negativa potrebbe tradursi in un’eccessiva indulgenza, con il rischio di mantenere invariati standard qualitativi mediocri.