notifica postaleIl vincolo affettivo e solidaristico che lega destinatario e consegnatario fa scattare la presunzione relativa che la persona di famiglia avrà cura di consegnare l’atto all’interessato. Ai fini della regolarità della notificazione eseguita nel domicilio del destinatario a mani di “persona di famiglia” (parente o affine) ivi reperita, non occorre che il consegnatario sia anche convivente, salva la prova contraria dell’occasionalità della presenza di questi all’indirizzo dell’interessato. Così ha concluso la Cassazione, con la sentenza n. 16499 del 5 agosto 2016, che ha ritenuto valida la notifica effettuata mediante consegna dell’atto tributario a mani della cognata del contribuente rinvenuta presso l’abitazione di questi.

 

La vicenda processuale

 

Un contribuente impugnava una cartella di pagamento emessa a suo carico sul presupposto della definitività del prodromico atto di accertamento, con ricorso che veniva respinto dalla Commissione tributaria provinciale. L’appello dell’interessato era invece accolto dal giudice tributario regionale che, esaminate le relate di notifica degli atti presupposti della cartella, constatava che la notificazione, effettuata tramite mezzo messo speciale, era stata eseguita all’indirizzo dell’interessato mediante consegna a persona presente nell’abitazione che si era qualificata come cognata del destinatario. Sulla base della certificazione anagrafica prodotta dalla parte privata, dalla quale risultava che la sottoscrittrice non conviveva con il contribuente, il collegio di seconde cure dichiarava la nullità della notifica degli atti presupposti, osservando che “la ricevente non era di fatto familiare convivente, risultando comprovato che risiedeva nello stesso condominio ma in interno diverso”.

 

L’Agenzia delle Entrate ricorreva in sede di legittimità per violazione e falsa applicazione degli articoli 60 del Dpr 600/1973 e 139, secondo comma, del codice di procedura civile, lamentando che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di merito, lo stato di convivenza non era necessario ai fini della validità della notifica ex articolo 139. Aggiungeva poi che, in ogni caso, le risultanze delle certificazioni anagrafiche non potevano avere rilevanza esclusiva, in quanto non idonee a escludere la sussistenza in concreto del requisito dell’affectio familiae ovvero del vincolo affettivo e solidaristico che, legando i componenti di una comunità familiare o parentale, fa presumere che la persona di famiglia che riceve l’atto provvederà a consegnarlo al destinatario. Piuttosto, precisava la parte pubblica, l’unico elemento idoneo a escludere la ritualità della notifica poteva essere considerato, ove ricorrente e provato, l’“occasionalità” e la mera “momentaneità” in concreto della presenza della persona di famiglia presso l’abitazione del destinatario.

 

La pronuncia della Corte

 

Il Collegio supremo ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la pronuncia impugnata e rinviando ad altra sezione del medesimo collegio regionale del Lazio. La Corte ha innanzitutto osservato che, non essendo il rapporto di convivenza prescritto dall’articolo 139, secondo comma, codice di procedura civile, l’ufficiale notificatore non è tenuto a svolgere indagini o ricerche particolari in ordine all’effettività dello stesso. E nemmeno, nel caso di consegna a soggetto qualificatosi “persona di famiglia”, a indicare espressamente tale stato nella relata di notificazione.

 

L’esegesi di legittimità, rileva l’odierna pronuncia, per un verso ha esteso il concetto di “persona di famiglia” fino a ricomprendervi “non solo i parenti ma anche gli affini” e ha escluso che sia implicito nella previsione codicistica che la “persona di famiglia” debba convivere col destinatario della notifica. Per altro verso, ha ritenuto che, in caso di notifica ex articolo 139 cpc, la qualità di persona di famiglia si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite nella relata di notifica, salva la prova contraria – il cui onere incombe su chi contesta la validità della notificazione – circa “l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario (Cass. nn.23368/2006, 21362/2010, 26501/2014, 7211/2016)”.

 

Nella fattispecie, osserva la Cassazione, il concorso di circostanze fattuali (la presenza della consegnataria presso l’abitazione del destinatario e il rapporto di affinità con questi) ha reso operante la presunzione di legge circa la sussistenza tra i soggetti di una relazione tale da far ritenere, in mancanza di idonee prove contrarie, la regolarità della notificazione.

 

Osservazioni

 

Quando non possa essere eseguita in mani del diretto interessato, ai sensi dell’articolo 138 cpc, la notificazione può essere effettuata, all’indirizzo del destinatario, mediante consegna della copia dell’atto a determinati soggetti, individuati dalla legge tassativamente e secondo un ordine preferenziale. In base all’articolo 139 cpc, i consegnatari che possono ricevere l’atto per conto del destinatario sono la “persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda”, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace; in mancanza di dette persone, il “portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda” e, quando mancasse anche il portiere, “un vicino di casa che accetti” di ricevere l’atto.

 

Già in passato, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il concetto di “persona di famiglia” ricomprende non solo i parenti ma anche gli affini del destinatario, escludendo altresì che sia necessario il requisito della convivenza – non espressamente menzionato dall’articolo 139 in parola – risultando piuttosto sufficiente l’esistenza di un vincolo (di parentela o affinità, appunto) tale da giustificare la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario (cfrCassazione, 26931, 25307 e 15973 del 2014 e 7714 e 1063 del 2013).

 

È stato altresì osservato che, in caso di notifica ex articolo 139, secondo comma, cpc, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presumeiuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria, dimostrando o l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità innanzi indicate ovvero l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario presso il recapito dell’interessato (tra le più recenti, cfr Cassazione, 18270, 9939 e 7688 del 2015 e 19065/2014).

 

L’odierna pronuncia, dunque, conferma una regola che oramai appare consolidata, valorizzando la massima d’esperienza in virtù della quale la persona reperita presso l’abitazione del destinatario di un atto deve intendersi in generale sempre idonea a ricevere validamente una notifica a questi indirizzata: ciò in quanto il vincolo affettivo e solidaristico che lega consegnatario e destinatario è idoneo a fondare la presunzione relativa (rispetto alla quale, peraltro, la prova contraria appare piuttosto ardua) che la persona di famiglia avrà cura di consegnare l’atto al diretto interessato.