La non osservanza della regola disciplinata dalla procedura civile non è sanabile dal principio per cui la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo. In tema di contenzioso tributario, l’articolo 16, comma 3, del Dlgs 546/1992, nella parte in cui consente la notifica “mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”, non si applica al ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie, che resta assoggettato alle norme del codice di procedura civile ove compatibili. La consegna diretta di tale ricorso, a opera del ricorrente o del suo difensore, all’impiegato addetto all’ufficio esula completamente dal paradigma normativo della notifica contemplata dal codice di rito, che postula l’intervento dell’ufficiale giudiziario e, pertanto, deve considerarsi inesistente; dal che discende l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica, rispetto alla quale non opera la sanatoria del raggiungimento dello scopo prevista dall’articolo 156, comma 3, del codice di procedura civile. A ribadirlo la Cassazione, con sentenza 21866 del 28 ottobre 2016.
Il caso
Un contribuente impugnava un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto a una ricostruzione analitico induttiva dei ricavi attraverso l’applicazione di una diversa e più alta percentuale di ricarico sulla merce venduta. La Commissione tributaria provinciale, con sentenza confermata anche in grado di appello, abbatteva parzialmente i maggiori ricavi accertati considerando i maggiori sconti riconosciuti ad alcuni particolari clienti secondo una diffusa pratica commerciale. Nel successivo ricorso dinanzi alla Corte suprema, l’interessato contestava, tra l’altro, l’erronea applicazione del criterio della media aritmetica semplice in luogo di quella ponderata, che meglio avrebbe colto la diversità dei prodotti venduti anche in termini di ricarico applicato.
La pronuncia della Cassazione
Nessuna delle doglianze è stata esaminata perché la Cassazione, in accoglimento del controricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato l’inammissibilità del gravame in quanto proposto mediante consegna “diretta” presso l’ufficio finanziario ovvero secondo una modalità espressamente riservata alla proposizione del ricorso nei gradi di merito. I giudici di legittimità hanno mostrato quindi di aderire all’orientamento prevalente, secondo cui è da ritenersi inesistente la notifica del ricorso per cassazione attraverso la consegna diretta dello stesso all’impiegato addetto all’ufficio delle Entrate.
Ciò in ragione del recente arresto delle sezioni unite (sentenza 14916/2016), in base al quale “l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione”. Tra questi elementi rientra l’attività di trasmissione dell’atto che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, cosa che è mancata nella fattispecie concreta in cui il ricorso per cassazione è stato proposto dal contribuente personalmente, legittimato solamente nei gradi di merito.
Ulteriori osservazioni
La norma generale di riferimento in materia di notificazioni degli atti del processo tributario è costituita dall’articolo 16 del Dlgs 546/1992 il quale, dopo aver stabilito al comma 2 che le notificazioni si eseguono “secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del Codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall’art. 17”, disciplina, al comma 3, due peculiari modalità “semplificate”: la notificazione “diretta” (senza, cioè, l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario o di altro agente notificatore) a mezzo del servizio postale “mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento” (si tratta di modalità utilizzabile da entrambe le parti) oppure attraverso “consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”.
La notificazione postale “diretta”, in base all’articolo 38, comma 2, del Dlgs 546/1992, può essere utilizzata anche per la notificazione delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali e regionali.
Invece, secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, avallato dalla sentenza in commento (cfr ex multis, Cassazione, pronunce 9531/2015, 6217/2015 e 25395/2014) “in tema di contenzioso tributario, la possibilità … di proporre il ricorso mediante la consegna diretta o la spedizione a mezzo posta, non si estende a quello per cassazione, la cui notificazione deve pertanto essere effettuata esclusivamente nelle forme previste dal Codice di procedura civile, a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio”.
In conclusione, va ricordato che, in materia di notifiche, è sì vero che esiste il principio di ordine generale fissato dall’articolo 156, comma 3, cpc, secondo il quale la nullità “non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”, ma tale disposizione non può ritenersi applicabile nei casi, come la mancata osservanza delle norme del codice di procedura civile per la notifica del ricorso per cassazione, riconducibili alla categoria dell’inesistenza giuridica, rispetto alla quale la sanatoria non opera.