L’accordo tra STMicroelectronics e la cinese Innoscience per lo sviluppo della tecnologia GaN legata al nitruro di gallio apre scenari che vanno ben oltre la semplice collaborazione industriale: si rischia una svendita tecnologica che potrebbe in particolare colpire lo stabilimento di Catania.
Dietro l’apparente strategia di espansione e flessibilità della filiera produttiva si cela, in realtà, un preoccupante segnale di progressivo disimpegno italiano nel settore dei semiconduttori, con gravi ripercussioni sulla ricerca nazionale e sull’occupazione.
I dettagli dell’intesa con Innoscience
L’accordo tra ST e Innoscience prevede lo scambio reciproco di capacità manifatturiera: la società cinese potrà sfruttare gli impianti di ST al di fuori della Cina, mentre l’azienda controllata in parti uguali dai governi italiano e francese farà lo stesso con le strutture cinesi di Innoscience. L’operazione è stata accompagnata da un investimento di 50 milioni di dollari di ST nella recente IPO dell’azienda cinese, un chiaro segnale di allineamento a una strategia industriale che privilegia la Cina come hub produttivo.
Tuttavia, dietro questa mossa si cela un duplice rischio. Da un lato, l’apertura all’industria cinese potrebbe tradursi in un trasferimento tecnologico poco controllato, con la conseguente perdita di know-how strategico accumulato in anni di ricerca e sviluppo. Dall’altro, questa decisione sembra rispondere più agli interessi di una logica di delocalizzazione che a una vera politica industriale di sviluppo per il nostro Paese.
STMicroelectronics, il rischio della svendita tecnologica sul gallio a Catania
Un’iniziativa che potrebbe in particolare colpire la città di Catania, dove nel mese di febbraio l’azienda italo francese di semiconduttori, partecipata anche dal Ministero dell’Economia, chiederà la cassa integrazione ordinaria per il sito di Catania. Durerà circa una settimana in marzo e circa una settimana in aprile. Saranno coinvolti un massimo di 2.500 dipendenti su un totale di 5.400 dello stabilimento catanese che non fanno parte della nuova linea di investimento “WSiC”.
Una delle scelte più discutibili di questa operazione è infatti, come riportato sulle colonne del quotidiano Domani, l’esclusione dell’impianto di Catania dalla produzione GaN legata al nitruro di gallio.
Il sito siciliano, da tempo specializzato nelle tecnologie di potenza e punto di riferimento per il nitruro di gallio, ha visto negli anni ingenti investimenti pubblici, inclusi i 30 milioni di euro destinati al CNR locale per il supporto alla ricerca. Eppure, nonostante questa centralità nel panorama scientifico italiano, ST ha deciso di spostare la produzione a Tours, in Francia.
A rendere ancora più preoccupante la situazione è la volontà di ST di condividere la propria ricerca con un’azienda cinese, rischiando di depotenziare il ruolo di Catania e disperdere il valore della ricerca pubblica italiana. Questa scelta appare ingiustificata non solo dal punto di vista strategico, ma anche economico: perché investire per anni in un centro di eccellenza per poi relegarlo a un ruolo marginale?
La strategia “China for China”: declino dell’industria europea?
L’accordo con Innoscience sembra inserirsi in una strategia industriale più ampia, denominata “China for China”, volta a sviluppare un ecosistema locale di produzione per il mercato cinese. In altre parole, ST non solo investe nella produzione in Cina, ma contribuisce attivamente alla crescita tecnologica del colosso asiatico, lasciando che l’industria europea diventi sempre più dipendente da Pechino.
Questa visione miope potrebbe rivelarsi un boomerang per il futuro dell’elettronica di potenza in Europa. In un contesto geopolitico sempre più instabile, in cui la dipendenza tecnologica dalla Cina è al centro delle tensioni tra Stati Uniti e UE, la decisione di STMicroelectronics rischia di compromettere l’autonomia industriale europea, esponendola a ricatti e vulnerabilità sistemiche.
Il silenzio della politica italiana
A fronte di questa situazione, il governo italiano sembra completamente assente. Nonostante ST sia partecipata dallo Stato attraverso il Ministero dell’Economia, non si registrano interventi significativi per garantire che l’Italia mantenga un ruolo di primo piano nella catena produttiva della microelettronica.
L’incontro odierno al Ministero del Made in Italy sarà cruciale per comprendere se il governo intenda difendere gli interessi nazionali o se, al contrario, accetterà passivamente un ridimensionamento dell’industria italiana a favore di strategie decise altrove.
Potrebbe trattarsi di un errore da non sottovalutare?
Se l’Italia vuole rimanere un attore rilevante nel settore dei semiconduttori, non può permettersi di assistere inerte a decisioni che penalizzano i propri poli di eccellenza e avvantaggiano potenze straniere. La vicenda ST-Innoscience è il paradigma di una politica industriale senza visione, che rischia di lasciare il Paese sempre più marginale in un settore chiave per il futuro dell’economia globale. Se non si interverrà rapidamente, Catania e l’intero sistema italiano della microelettronica potrebbero trasformarsi in un’occasione mancata dalle conseguenze irreversibili.