Lo sostiene una recente sentenza della Corte Costituzionale: il requisito della “residenza prolungata” per ottenere l’accesso alle case popolari è illegittimo.
In Italia, le case popolari rappresentano una risorsa fondamentale per molte famiglie che si trovano in situazioni di bisogno abitativo. Queste abitazioni, spesso gestite dalle amministrazioni locali, offrono un sostegno vitale per coloro che non possono permettersi un alloggio sul mercato privato. Tuttavia, l’accesso a queste case può essere soggetto a varie restrizioni, tra cui il requisito della residenza prolungata nella regione.
Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha sollevato importanti interrogativi su tali criteri di assegnazione, mettendo in discussione la loro coerenza con i principi di eguaglianza e dignità umana sanciti dalla Costituzione italiana. La decisione della Corte Costituzionale di dichiarare irragionevole e incostituzionale il requisito di residenza prolungata per accedere alle case popolari (nella fattispecie il caso riguarda una controversia nella Regione Veneto) è il risultato di un’analisi dettagliata dei principi fondamentali di equità e dignità umana.
Non serve residenza prolungata per l’accesso alle case popolari
In primo luogo, la Corte ha riconosciuto che il requisito di residenza prolungata non è logicamente correlato al bisogno effettivo di alloggio. La necessità di una casa non dipende necessariamente dalla durata della residenza in una determinata regione, ma piuttosto dalle circostanze personali e dalle condizioni socio-economiche dei richiedenti. Pertanto, escludere coloro che non soddisfano questo requisito potrebbe penalizzare ingiustamente individui e famiglie che si trovano in situazioni di bisogno abitativo urgente.
In secondo luogo, la Corte ha evidenziato che il soggiorno prolungato nella regione non è garanzia di un futuro radicamento nel territorio. Molte persone potrebbero essere costrette a spostarsi in cerca di lavoro o per altre ragioni, e questa mobilità non dovrebbe essere penalizzata nel processo di assegnazione delle case popolari. Di conseguenza, privilegiare la residenza prolungata potrebbe disincentivare la mobilità e la ricerca di opportunità migliori, limitando così le prospettive di miglioramento delle condizioni di vita di molti individui.
Infine, la Corte ha sottolineato che questo requisito viola sia il principio di eguaglianza formale che quello sostanziale. L’associazione diretta tra diritto all’abitazione e residenza prolungata crea una disparità di trattamento tra coloro che soddisfano il requisito e coloro che non lo soddisfano, senza tener conto delle effettive necessità abitative delle persone. Questo crea una situazione di discriminazione che contrasta con i valori di uguaglianza e dignità umana sanciti dalla Costituzione italiana.
In definitiva, la decisione della Corte Costituzionale rappresenta un importante passo verso un sistema di assegnazione delle case popolari più equo e rispettoso dei diritti fondamentali di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro residenza precedente.
Il testo della decisione
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it