Per il momento i balneari non dovranno “smontare” i propri stabilimenti e guadagnano ancora tempo per il cambio di regime: infatti i primi bandi arriveranno non prima del mese di giugno 2027.
Rischio sgomberi allontanato e proroga delle concessioni, scongiurato per l’Italia anche il pericolo, ormai impellente, di ricevere un deferimento alla Corte di Giustizia Ue, visto che la direttiva Bolkenstein, alla base di quella che dovrebbe essere una nuova modalità di gestione delle concessioni balneari, attende di essere operativa in Italia ormai da quasi vent’anni.
Bandi entro giugno 2027, più tempo per i gestori degli stabilimenti balneari
La riforma adottata prevede l’obbligo per i Comuni di avviare le gare entro giugno 2027, con possibilità di anticipare i bandi. Il governo ha approvato la proroga delle concessioni Balneari e si è impegnato a espletare i bandi entro giugno 2027 per scongiurare il deferimento alla Corte di Giustizia Ue. Secondo un’indagine del Sindacato italiano balneari aderente a Fipe-Confcommercio, le concessioni censite nel 2022 erano 103.620, mentre 6.318 gli stabilimenti balneari, un miliardo il fatturato annuo complessivo, con una media per azienda di circa 160.000 euro.
La direttiva 2006/123/CE, conosciuta anche come Bolkestein, dal cognome del commissario europeo per il mercato interno dell’epoca, Frederik Bolkestein, è una norma approvata nell’ormai lontano 2006 dalla Commissione Europea, guidata dall’Italiano Romano Prodi. Il provvedimento si proponeva di rimuovere gli ostacoli alla libertà di circolazione dei prestatori di servizi all’interno dell’Ue e far sparire le discriminazioni, di promuovere una maggiore competitività nel mercato dei servizi tra tutti gli operatori europei. Nello specifico punto di maggiore interesse, che ha provocato, ormai da anni, proteste e resistenze, la norma europea recita “nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività̀ sia limitato per via della scarsità̀ delle risorse naturali o delle capacità tecniche, è opportuno prevedere una procedura di selezione tra diversi candidati potenziali, al fine di sviluppare, tramite la libera concorrenza, la qualità̀ e le condizioni di offerta di servizi a disposizione degli utenti“.
Come funzionava prima della direttiva Bolkenstein?
Prima della direttiva Bolkenstein il sistema delle concessioni balneari in Italia era piuttosto vetusto e con pochi aggiornamenti. L’ultimo aggiornamento normativo infatti risaliva al 1993, anno nel quale si era introdotta una modifica al Codice della navigazione con l’inserimento della previsione, all’atto della scadenza delle concessioni già rilasciate, del cosiddetto “diritto di insistenza”, ovvero di una sorta di diritto di prelazione per i soggetti già titolari delle concessioni rispetto a eventuali istanze di nuovi pretendenti. Ancora attivo era il Codice della navigazione del 1942 che all’art. 37 sanciva che, nel caso di più domande di concessione relative allo stesso bene demaniale, l’amministrazione dovesse preferire quella che offrisse “le maggiori garanzie di proficua utilizzazione del bene e proponesse di avvalersene per un uso che rispondeva a un più rilevante interesse pubblico.” L’art. 18 del regolamento di attuazione del 1952 disponeva, poi, un obbligo di pubblicazione all’albo comunale delle domande di assegnazione, riconoscendo la possibilità a chiunque fosse interessato di presentare osservazioni, opposizioni, reclami o domande concorrenti.
Il nuovo decreto che concede maggiore tempo
Nel dettaglio, il decreto approvato a fatica, tra scontri politici interni ed esterni alla maggioranza, polemiche con gli operatori del comparto, contrasti estenuanti con l’Europa, sancisce l’estensione della validità delle attuali concessioni fino al settembre 2027, tenuto saldo però, l’obbligo di avviare le gare per le nuove concessioni entro il giugno 2027. La durata delle nuove concessioni, altro grande ostacolo e principale oggetto di contestazioni da parte dei balneari, potrà andare da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni, “al fine di garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati”.
È molto complesso, reperire dati attendibili sul tema, mancando del tutto i dati della durata delle concessioni, anche se attualmente in Italia, esistono certamente concessioni con durata 99anni, mentre altre sono praticamente ‘a vita’ e sono state trasferite di padre in figlio. La normativa nazionale, prima del recepimento della norma Eu, prevedeva infatti il rinnovo automatico delle stesse, di sei anni in sei anni, che si interrompeva solo nell’ipotesi del verificarsi di situazioni che ne giustificassero la revoca per specifici motivi inerenti il pubblico interesse.
Come funzionerà con l’arrivo dei nuovi bandi?
Quando si avvieranno i nuovi bandi, tra i criteri di valutazione delle offerte dovrà essere considerato un valore aggiunto l’essere stato titolare, nei cinque anni precedenti, di una concessione balneare quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare. All’avvio della nuova proprietà è prevista l’assunzione di lavoratori impiegati nella precedente concessione, che ricevevano da tale attività “la prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare”.
Un indennizzo spetterà a chi lascia, la cui misura e modalità dovranno essere individuati da un decreto del ministero dei Trasporti di concerto con il ministero dell’Economia, da varare entro il 31 marzo 2025, sarà a carico del concessionario subentrante e “pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione – si legge nel testo – ivi compresi gli investimenti effettuati in conseguenza di eventi calamitosi debitamente dichiarati dalle autorità competenti ovvero in conseguenza di sopravvenuti obblighi di legge, al netto di ogni misura di aiuto o sovvenzione pubblica eventualmente percepita e non rimborsata, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni.″
Potrebbero arrivare ulteriori proroghe?
Ultima proroga, last minute, potrebbe essere concessa “in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva, secondo le modalità stabilite, entro il 30 settembre 2027, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente”. In questo caso, il termine ultimo già individuato dalla legge sulla concorrenza varata durante il governo Draghi, potrebbe essere impostato “non oltre il 31 marzo 2028”.
Dopo aver espletato i bandi per le nuove concessioni, le procedure di rinnovo dovranno essere avviate –– “almeno sei mesi prima della scadenza” della concessione. In capo al ministro delle infrastrutture e dei trasporti “Entro il 31 luglio 2027” la trasmissione di un report completo alle Camere, sullo “stato delle procedure selettive al 30 giugno 2027, evidenziando in particolare l’esito delle procedure concluse e, per quelle non concluse, le ragioni che ne abbiano eventualmente impedito la conclusione”. Solo l’anno seguente è attesa una relazione finale, che stili un rapporto sulla “conclusione delle procedure selettive sul territorio nazionale”.