APE agevolato pensioneAPE Sociale per gli ultra 63enni: il testo dovrà ora superare il vaglio del Consiglio di Stato prima di approdare in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni. Domande al via tra il 1° maggio ed il 30 Giugno.


Via libera del Consiglio dei Ministri al primo dei tre decreti sulle uscite anticipate. Palazzo Chigi ha dato oggi il disco verde, dopo le festività di pasqua, al decreto sull’APe sociale, il reddito ponte che accompagnerà i lavoratori in situazione di difficoltà sino al raggiungimento della pensione. Alla misura potranno accedere i lavoratori con almeno 63 anni di età e 30 o 36 di contributi in quattro specifici profili di tutela (disoccupati, invalidi, soggetti che assistono disabili, lavoratori addetti alle cd. mansioni gravose) iscritti presso l’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, le gestioni ad essa sostitutive od esclusive, le gestioni speciali dei lavoratori autonomi e la gestione separata dell’Inps. Il testo dovrà ora superare il vaglio del Consiglio di Stato prima di approdare in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni.La norma in questione, a differenza dell’Ape di mercato, non prevede alcun coinvolgimento di banche e assicurazioni essendo l’anticipo completamente finanziato dallo Stato. E pertanto non comporta alcuna penalità sull’importo del rateo pensionistico.

 

Domande entro il 30 giugno

Per accedere alla misura bisognerà fare domanda all’Inps tra il primo maggio e non oltre il 30 giugno per rientrare nella prima finestra utile di pagamento della prestazione, che si aprirà tra settembre e dicembre previo monitoraggio da parte dell’Inps delle domande presentate. L’anno prossimo, invece, le domande di accesso all’Ape sociale dovranno essere presentate tra il primo gennaio e il 30 marzo per conseguire la prestazione a partire dal 1° giugno.

Trattamento assistenziale entro i 1.500 euro lordi

L’APE agevolata è costituita da un trattamento assistenziale rapportato al valore della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione entro un tetto massimo non superiore a 1.500 euro mensili. In sostanza il meccanismo funzionerà nel seguente modo. Se la pensione lorda, calcolata al momento dell’accesso alla prestazione assistenziale, risulta entro i 1.500 euro mensili  il lavoratore potrà riscuotere l’intero importo; se il valore della pensione dovesse risultare superiore il lavoratore potrà conseguire l’APe sociale nel suo importo massimo (1.500 euro lordi per l’appunto). Da segnalare che l’erogazione sociale sarà tassata come reddito da lavoro dipendente (quindi, il netto sarà leggermente superiore di quello associato a un reddito da pensione equivalente perchè le detrazioni riconosciute per il lavoro dipendente sono più elevate di quelle previste nei confronti dei pensionati) ma sarà erogata per 12 mensilità l’anno (contro le 13 mensilità di una normale pensione).

Il sussidio sarà erogato sino alla maturazione della pensione di vecchiaia (cioè sino al raggiungimento di 66 anni e 7 mesi, di regola) a meno che il lavoratore non maturi prima il diritto ad altra pensione diretta (es. pensione anticipata, ex anzianità o alla pensione eccezionale a 64 anni). Nel decreto licenziato da Palazzo Chigi è stato, tuttavia, inserito un ulteriore vincolo rispetto al testo della legge di bilancio consistente nel fatto che il lavoratore, per conseguire l’APE sociale, deve trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia nel regime pubblico obbligatorio.

I profili di tutela

Le platee dei lavoratori che saranno coinvolti nell’APE sociale sono quattro. Potranno accedervi:

1) i lavoratori dipendenti si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

2) i lavoratori dipendenti o autonomi che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

3) i lavoratori dipendenti o autonomi che hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

4) i lavoratori dipendenti all’interno delle professioni indicate nella tavola sopra allegata che svolgono da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 36 anni. 

 


Fonte: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it) - articolo di Bernardo Diaz