Polemiche per il costo dei percorsi abilitanti dedicati ai 60 Cfu per l’insegnamento: la FLC CGIL di Palermo denuncia che nel capoluogo siciliano si applicano soglie massime per tutti i corsisti.
È scontro tra l’Università di Palermo e la FLC CGIL ulla gestione dei percorsi di formazione per docenti delle scuole secondarie.
La discussione si inserisce in un dibattito più ampio riguardo alla sostenibilità economica dell’accesso alla formazione universitaria, con il sindacato che continua a chiedere condizioni più eque per gli studenti, soprattutto in un momento economico particolarmente difficile.
Costo dei percorsi abilitanti per 60 Cfu insegnamento troppo alto a Palermo
Il nodo della controversia riguarda il costo, fissato a 2.500 euro, per i corsisti iscritti ai corsi universitari da 60 CFU, destinati a coloro che aspirano ad ottenere l’abilitazione all’insegnamento. La FLC CGIL, che supporta oltre 100 studenti iscritti a questi percorsi, ha contestato con forza questa cifra, considerandola eccessiva e in contrasto con quanto accaduto in altre università italiane.
Secondo Fabio Cirino, segretario del sindacato, i corsisti hanno già manifestato l’esigenza di abbassare la cifra almeno a 2.000 euro, rispetto ai 2.500 euro inizialmente richiesti. Giudicata insufficiente l’apertura dell’amministrazione universitaria che aveva acconsentito a rinviare il termine di pagamento ma non aveva ridotto la cifra.
La difesa dell’Università di Palermo
In risposta alle richieste, l’Università di Palermo ha spiegato che il riconoscimento dei 24 CFU acquisiti entro ottobre 2022 non comporta una riduzione dei costi del corso. Il motivo, secondo l’ateneo, è che i corsisti rimangono iscritti al percorso formativo da 60 CFU, anche se parte del programma è stato già completato. La riduzione, in base a quanto stabilito dalle Faq ministeriali di luglio 2024, riguarda solo il numero di CFU da conseguire e le relative ore di lezione, ma non il costo totale del corso.
Tuttavia, il sindacato non condivide questa giustificazione e denuncia una scelta politica sbagliata, che colpisce in particolare gli studenti palermitani. Cirino ricorda come già in passato, nel 2023, l’università di Palermo avesse applicato costi molto superiori rispetto ad altri atenei, come nel caso dei corsi TFA di sostegno, dove la tariffa a Palermo superava i 3.700 euro, mentre in altre città italiane come Firenze si pagava 2.500 euro. La critica si estende alla cosiddetta “Autonomia Differenziata” che, secondo il sindacato, penalizza i corsisti di Palermo, senza considerare adeguatamente la qualità del servizio offerto.
L’amministrazione universitaria, dal canto suo, sostiene che il costo non possa essere modificato in base ai CFU già acquisiti, in quanto il percorso formativo resta quello previsto per il corso da 60 CFU. Il sindacato invece, pur riconoscendo il quadro normativo, contesta l’approccio dell’ateneo, considerando che la riduzione dei CFU non giustifichi l’intero importo della tassa.