In tema di progressioni verticali del personale nel pubblico impiego, il passaggio in un’area funzionale più elevata, qualificandosi come novazione oggettiva del rapporto di lavoro, necessita dell’espletamento di una procedure concorsuale o selettiva.


È questo il principio affermato dal Consiglio di Stato, Sezione IV, nella sentenza 27 settembre 2024, n. 7820.

Il caso

All’attenzione dei giudici di Palazzo Spada è stato sottoposto l’appello proposto da un agente di polizia municipale avverso la sentenza resa dal giudice amministrativo di prime cure, che era stato adito – a seguito di ricorso in riassunzione per declinazione della giurisdizione da parte del giudice del lavoro – al fine di far valere il diritto all’inquadramento nella categoria D, posizione economica D1, profilo professionale di specialista di vigilanza.

Il tribunale amministrativo regionale competente aveva respinto il ricorso, atteso che dall’analisi della disciplina contrattuale di settore emergeva la necessità della previa procedura selettiva per la progressione verticale anche per il personale di cui all’art. 29, comma 1, lett. b), del C.C.N.L. 14.09.2000 (relativo al personale dell’area di vigilanza dell’ex sesta qualifica funzionale).

In particolare, dagli atti di causa era emerso che l’interessato aveva partecipato al corso concorso per la copertura di posti da inquadrare nella categoria economica D1 indetto dall’amministrazione di appartenenza, senza collocarsi utilmente in graduatoria.

Procedura selettiva per le progressioni verticali nel pubblico impiego

Tanto premesso, i supremi giudici amministrativi di Piazza Capo di Ferro, non essendo rinvenibile alcuna deroga al divieto di inquadramento automatico nelle mansioni superiori sancito dall’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, hanno evidenziato che “la progressione verticale può avvenire solo a seguito di procedura selettiva, con esclusione di qualunque ipotesi di progressione automatica o subordinata alla mera verifica dei requisiti”.

Al riguardo, la sentenza in disamina ha fatto presente che dalla lettura delle norme pattizie recate dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro applicabile nella fattispecie concreta (art. 7, comma 5, del C.C.N.L. 31.03.1999, art. 24, comma 2, lett. e), C.C.N.L. del 1.4.1999, art. 29 del C.C.N.L. del 14.09.2000) si trova conferma del fatto che “la procedura selettiva è l’unico strumento di progressione verticale del personale e smentisce l’assunto difensivo in ordine alla sussistenza, nell’ambito della contrattazione collettiva, di una via di accesso privilegiata per il personale di cui alla lett. b), comma 5, art. 29, del CCNL 14 settembre 2000”.

I riferimenti giuridico-normativi

Già i giudici di Palazzo Spada (Consiglio di Stato, sez. V., 8 gennaio 2024, n. 269) avevano affermato in una fattispecie pressoché identica a quella sub iudice che “il passaggio verticale, ossia in area funzionale più elevata, qualificandosi come novazione oggettiva del rapporto di lavoro, è necessariamente mediata dall’espletamento di procedure concorsuali o selettive”, che “il concorso è ritenuto funzionale al buon andamento della p.a.: ad esso non si sottraggono affatto i passaggi ad una fascia funzionale superiore, in quanto in essi è ravvisabile una forma di reclutamento con la connessa esigenza di un selettivo accertamento delle attitudini” e che “il principio della concorsualità per l’accesso informa l’intero ordinamento del lavoro con la pubblica amministrazione ed è confermato, in negativo, dall’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, laddove sancisce il divieto di procedere ad un inquadramento automatico dei lavoratori sulla base delle mansioni svolte”.

In conclusione, in applicazione delle predette coordinate giurisprudenziali, il gravame interposto avverso la sentenza resa dal giudice di prime cure è stato respinto.