Con la sentenza n. 7155 del 16 agosto 2024, il Consiglio di Stato ha fatto luce sui requisiti di “ruralità” degli immobili, in un caso che ha coinvolto una proprietaria terriera e l’amministrazione comunale: i dettagli della pronuncia giuridica.


La vicenda ha riguardato la richiesta di pagamento degli oneri di urbanizzazione per il cambio di destinazione d’uso di un immobile, originariamente classificato come rurale, ma destinato ad essere ristrutturato. Nel marzo 2012, la proprietaria ha presentato una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per ristrutturare un fabbricato residenziale e realizzare una piscina.

Il Comune, in risposta, ha richiesto integrazioni documentali e ha sollevato dubbi circa il mancato pagamento degli oneri relativi al cambio di destinazione d’uso da rurale a urbano. La proprietaria, però, ha sostenuto che tali oneri non fossero dovuti, facendo riferimento alla normativa vigente che esonera dal pagamento in caso di variazioni catastali per immobili che abbiano perso i requisiti di ruralità.

La controversia è giunta davanti ai tribunali amministrativi. In primo grado, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha respinto il ricorso della proprietaria, confermando la richiesta del Comune di pagamento degli oneri. Di conseguenza, la proprietaria ha impugnato la sentenza, portando la questione al Consiglio di Stato.

La perdita dei requisiti di “ruralità” degli immobili secondo il Consiglio di Stato

Il punto centrale della disputa riguardava l’applicazione dell’articolo 9, comma 9, del Decreto Legge n. 557 del 1993, che prevede agevolazioni per i fabbricati che perdono i requisiti di ruralità.

Secondo la difesa della proprietaria, la concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2000 per il fabbricato avrebbe dovuto esonerarla dal pagamento degli oneri per la deruralizzazione. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha confermato che la normativa citata si applica unicamente alle variazioni catastali e non ha lo scopo di esentare dal pagamento degli oneri legati a condoni edilizi.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che la sanatoria del 2000 si riferiva a un fabbricato che manteneva la sua natura di “fabbricato rurale”, nonostante l’originaria richiesta della proprietaria di accatastare parte dell’immobile come civile abitazione già nel 1996. Inoltre, la sentenza ha chiarito che il fabbricato in questione era stato condonato come rurale e che la concessione in sanatoria non poteva essere interpretata come un cambio automatico di destinazione d’uso.

In merito agli oneri richiesti dal Comune, il Consiglio ha precisato che la proprietaria era tenuta al pagamento per la “deruralizzazione” del fabbricato, in quanto la variazione catastale che avrebbe conferito carattere urbano all’immobile non era stata completata correttamente per tutte le parti dell’edificio.

In conclusione la sentenza del Consiglio di Stato ribadisce che la perdita dei requisiti di ruralità non comporta automaticamente un esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione. Per poter qualificare un fabbricato come civile abitazione, è necessario ottenere una regolare autorizzazione comunale, che comporta il pagamento degli oneri previsti dalla normativa.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.