La fiscalizzazione dell’abuso edilizio: chiarimenti e riflessioni attraverso la lettura della recente sentenza del Consiglio di stato numero 3/2024.
La recente decisione, con riferimento al ricorso presentato dinanzi al TAR per la Lombardia, solleva importanti questioni riguardanti la fiscalizzazione dell’abuso edilizio e il calcolo delle relative sanzioni pecuniarie. Tale giudizio ha origine da un ricorso presentato nei confronti del provvedimento emesso dal Responsabile dello Sportello unico per l’edilizia del Comune di Bormio, che ha determinato una sanzione pecuniaria in relazione a un abuso edilizio perpetrato su un fabbricato situato nel territorio comunale.
Il procedimento seguito dall’amministrazione comunale per quantificare la sanzione è stato dettagliato: in sintesi, è stata individuata una superficie convenzionale e calcolato il costo unitario di produzione, ottenendo così un importo su cui è stata applicata una rivalutazione in base agli indici ISTAT. Il risultato finale è stato quindi raddoppiato per determinare l’ammontare della sanzione pecuniaria.
Nel corso del processo, l’appellante ha contestato il meccanismo utilizzato per attualizzare il costo di produzione, sostenendo che la legge prevederebbe il riferimento al costo al momento dell’abuso, nel caso specifico del 1993.
Il Consiglio di Stato sulla fiscalizzazione dell’abuso edilizio
Il TAR, con la sua sentenza, ha respinto il ricorso basandosi su argomentazioni letterali, sistematiche e storiche. Ha sottolineato che la locuzione “data di esecuzione dell’abuso” non può coincidere con quella di “ultimazione dei lavori”, indicando che il riferimento all’indice ISTAT sarebbe privo di significato in tal caso. Pertanto, la data di esecuzione dell’abuso si interpreta come il momento in cui viene “fiscalizzato” l’abuso edilizio, considerando che tale illecito persiste fino a quando non si determina la sanzione pecuniaria sostitutiva della demolizione.
Inoltre, la sentenza ha evidenziato che questa interpretazione risulta coerente con altre disposizioni normative e con la natura permanente dell’abuso edilizio.
Tuttavia, contro questa decisione è stato proposto appello, contestando nuovamente l’interpretazione data al comma 2 dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001 e sollevando dubbi interpretativi che hanno portato il Consiglio di Stato a rimettere la questione all’Adunanza Plenaria.
L’Adunanza Plenaria ha individuato la ratio delle disposizioni sulla fiscalizzazione dell’abuso edilizio nella volontà del legislatore di evitare la sanzione primaria della demolizione quando vi siano difficoltà tecniche oggettive. In tal senso, la fiscalizzazione rappresenta un istituto volto a contemperare la difficoltà nell’eseguire il ripristino con la necessità di applicare una sanzione efficace.
Chiarimenti sui dubbi interpretativi
Nel corso del dibattito, sono emersi dubbi interpretativi riguardanti il calcolo del costo di produzione e il significato preciso della “data di esecuzione dell’abuso”. Questi dubbi sono stati sottoposti all’esame dell’Adunanza Plenaria, che ha posto l’accento sulla necessità di individuare chiaramente questi due aspetti per garantire una corretta applicazione della normativa.
In particolare, si evidenzia l’importanza di determinare il costo di produzione aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso e di chiarire il momento preciso di tale esecuzione. Questo consentirebbe di applicare sanzioni pecuniarie proporzionate e risarcitorie, evitando di basarsi su valutazioni obsolete e non più rappresentative del valore reale dell’immobile.
In conclusione, l’interpretazione corretta delle disposizioni sulla fiscalizzazione dell’abuso edilizio è fondamentale per garantire una giusta applicazione della legge e una tutela efficace dell’interesse pubblico. È necessario un chiarimento da parte dell’Adunanza Plenaria su questi aspetti, al fine di fornire linee guida chiare e uniformi per l’applicazione della normativa in materia di condono edilizio.
Il testo completo della sentenza
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it