Il parere del 4 novembre 2016 del Consiglio di Stato interviene in maniera puntuale e precisa a smontare il regolamento per le Cattedre Natta, fortemente voluta dalla Presidenza del Consiglio. Come abbiamo denunciato tante volte e da ultimo con il documento unitario delle Organizzazioni ed Associazioni rappresentative di tutte le componenti universitarie l’iniziativa dei 500 pretesi “super-professori” è apparsa subito come uno “spot” per nascondere le mancate urgenti riforme (diritto allo studio, precariato e nuovo reclutamento, governance, ecc.) e i mancati investimenti nell’Università e nella Ricerca.
Il Consiglio di Stato mette in luce il mancato rispetto dell’autonomia universitaria e in un passaggio precisa come pur “non spettando al Consiglio di Stato esprimersi sulla legittimità costituzionale della legge che autorizza il regolamento, compete a quest’organo assicurare che lo stesso sia coerente con il contesto costituzionale, favorendo quindi – tra le varie opzioni d’implementazione della riforma – quelle che ne valorizzino l’attuazione secundum Constitutionem”.
Il parere mette in evidenza, tra le tante cose, due profili di criticità: l’assenza di una disposizione che preveda il coinvolgimento degli atenei nel procedimento di nomina dei membri delle commissioni di valutazione e l’omessa consultazione del mondo accademico nel corso dell’elaborazione dello schema del D.P.C.M. Il meccanismo, pertanto, si presta, secondo il CdS, “a molteplici rilievi” attinenti i principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione attraverso “una sorta di ‘intervento estraneo’ alla ricerca e alla docenza universitaria nazionale”. In tal senso, il CdS chiede un’attenta riconsiderazione delle modalità di selezione delle commissioni di valutazione.
Ancora, alla pretesa natura sperimentale delle procedure di reclutamento attivate, non segue alcuna indicazione precisa degli obiettivi strategici e degli strumenti per una verifica ex post dei risultati che dovrà essere quindi resa pubblica.
Non sfugge al CdS come si sia creato “un nuovo status di professore universitario, secondo un modello extra ordinem che non si distingue soltanto per il più vantaggioso trattamento economico, ma anche per altri aspetti che attengono al trattamento giuridico.” In particolare, sulle modifiche al trattamento economico previste dal decreto, il CdS adombra un eccesso di delega rispetto alla norma primaria che non ha previsto deroghe all’ordinario status di professore universitario. Senza prevedere, ancora una volta, strumenti di verifica dei risultati nella didattica e nella ricerca come previsto per i professori di I e II fascia. Il CdS, coglie come il meccanismo possa facilmente “dar luogo ad una lievitazione del trattamento economico individuale fino al tetto massimo fissato per i dipendenti pubblici, per effetto di una sorta di concorrenza tra gli atenei a tutto vantaggio delle università di maggiori dimensioni e di più ampia capacità finanziaria”. E come l’attuale decreto permetta alle stesse procedure di reclutamento per chiara fame di prevedere l’inquadramento i nuovi docenti in classi stipendiali superiori. In generale, e per contrasto, il CdS richiama alla necessità di ricondurre lo status previsto per i nuovi reclutati – e i requisiti di qualificazione – a quello ordinario, modellando le procedure previste da questo decreto a quelle già previste per il reclutamento per “chiara fama” e non già viceversa.
Non sfugge neppure alle considerazioni negative la scelta del regolamento di ricondurre i settori concorsuali previsti per l’abilitazione scientifica nazionale alle 25 aree definite dall’European Research Council e di prendere a riferimento le stesse aree per la costituzione di altrettante commissioni di valutazione e per la nomina dei relativi commissari.
Importante il richiamo sulla necessaria consultazione su questi aspetti del Consiglio Universitario Nazionale.
Sono tali e tante le osservazioni critiche, le richieste di modifica, i richiami e le condizioni che il Consiglio di Stato impone al Governo per l’emanazione del DPCM da rendere questo parere de facto, se non de iure, una sonora bocciatura delle cattedre Natta.
Noi, anche alla luce di questo parere che conferma i tanti obbrobri che si vorrebbero perpetrare, non possiamo che ribadire la richiesta di ritirare il provvedimento e di abrogare la norma che ha previsto i “superprofessori” utilizzando le risorse già stanziate per il reclutamento di docenti e ricercatori precari.