videosorveglianza scuoleContinua la marcia di un disegno di legge presentato da diverse parlamentari di diverse forze politiche che vuole l’introduzione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso anche negli asili nido.


 

Ma non solo. Tale dettato normativo prevede anche che la valutazione attitudinale per l’esercizio della professione sia effettuata al momento dell’assunzione e, successivamente, con cadenza periodica. I costi previsti per la realizzazione di questi sistemi di videosorveglianza estesi anche in strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno è di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, se tale disegno di legge verrà approvato nei termini previsti. Ora, delle considerazioni sono più che dovute. Premesso che sono sempre più frequenti i casi di denuncia di maltrattamenti che avvengono sia contro gli anziani, che contro le persone disabili che contro i bambini a scuola. Atti delinquenziali, vigliacchi, criminosi. Anche un solo ceffone dato ad un bambino a scuola, per qualsiasi motivo, è una bestialità, che non ammette giustificazione alcuna.

 

E’ stata la Cassazione Penale 1996, n. 4904 a sancire un cambio di direzione importante in materia in Italia, Paese che continua a non avere una legislazione specifica, ad esempio, contro le sculacciate, cosa che accade invece in ben 52 Paesi. Cosa disse la Cassazione nel lontano 1996?  Che in ogni caso non può più ritenersi lecito l’uso della violenza finalizzato a scopi educativi. Ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del “minore”, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice.

 

Così’ come è vero che la maggioranza delle violenze si verificano all’interno delle mura domestiche, in famiglia. Schiaffoni, sculacciate e tanto altro. Metodi degni dell’epoca fascista, autoritari, per nulla autorevoli e che ledono profondamente la dignità del minore. Ma la soluzione sono in via stabile i sistemi di videosorveglianza negli asili nido? Che apriranno le porte, certamente, ad altri ordini e gradi di scuola? Non ci si deve dimenticare che l’art. 4, co. 1, della legge n. 300/1970, modificato dall’art. 23, co. 1, del d.lgs. n. 151/2015, non legittima il controllo del lavoratore e la stessa Autorità Garante della Privacy ha ribadito più volte che non è legittimo provvedere all’installazione di un impianto di video-sorveglianza senza che sia intervenuto il relativo accordo con le rappresentanze sindacali o, in subordine, senza l’autorizzazione rilasciata dalla Direzione Territoriale del Lavoro.

 

Discorso diverso è, ovviamente, quando questi sistemi vengono impiegati provvisoriamente, per ragioni di indagini di carattere penale. Il legislatore ha previsto in maniera chiara che il mancato rispetto della norma in materia di video-sorveglianza è punito con ammenda da € 154 a € 1.549 o arresto da 15 giorni ad un anno (art. 38 della legge n. 300/1970), salvo che il fatto non costituisca reato più grave. Insomma, siamo certi che più telecamere significano maggiore sicurezza? Che vogliamo la società di Orwell? Che non esistono altre vie per reprimere e prevenire e sanzionare i comportamenti vigliacchi di chi esercita qualsiasi tipo di violenza, che non deve conoscere giustificazione minima alcuna, contro i più deboli, contro i minori, i disabili, gli anziani? Ciò significa ammettere e riconoscere il totale fallimento della nostra società, sempre più violenta, sempre più autoritaria, e meno autorevole e meno saggia.