Un’attesa lunga oltre vent’anni e una battaglia legale che si è conclusa con una vittoria e un risarcimento record per la docente precaria: il Ministero dell’Istruzione e del Merito condannato per abuso di contratti a termine.
Il caso solleva nuovamente il problema della precarizzazione nel mondo della scuola, in particolare per gli insegnanti di religione cattolica, categoria che da anni attende nuove procedure di stabilizzazione. La decisione del Tribunale di Perugia potrebbe aprire la strada ad altri ricorsi, ponendo ulteriore pressione sul Ministero affinché risolva il nodo dei contratti a termine e garantisca maggiore certezza occupazionale ai docenti.
La vicenda
La vicenda riguarda una docente umbra che ha lavorato con contratti annuali rinnovati automaticamente dal 1999 al 2021, senza mai ottenere un’assunzione stabile. Un ulteriore incarico le è stato assegnato anche per l’anno scolastico 2022/23, portando a 23 gli anni di servizio precario. La mancanza di concorsi regolari per l’assunzione a tempo indeterminato degli insegnanti di religione – l’ultimo risale al 2004 – ha aggravato la sua situazione, rendendo impossibile l’accesso alla stabilizzazione.
Assistita dall’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori) e dagli avvocati Francesco Cerotto, Walter Miceli e Fabio Ganci, la docente ha fatto ricorso denunciando la violazione della normativa sui contratti a termine, che impone concorsi con cadenza triennale per evitare abusi. Il tribunale ha riconosciuto la fondatezza delle sue ragioni, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea in materia di tutela dei lavoratori precari.
Risarcimento record a docente precaria: il Ministero paga l’abuso di contratti a termine
Il Tribunale del Lavoro di Perugia, con la sentenza n. 506/2024, ha stabilito pertanto un risarcimento superiore ai 50.000 euro per l’insegnante di religione cattolica, riconoscendo l’illegittimità della reiterazione dei suoi contratti a tempo determinato da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Secondo il giudice, l’amministrazione ha abusato dello strumento del contratto a tempo determinato, aggirando le regole che disciplinano il pubblico impiego e privando la docente della possibilità di una carriera stabile. La sentenza ha quindi sancito il diritto al risarcimento senza che la ricorrente dovesse dimostrare ulteriori danni specifici subiti, considerando l’irregolarità della condotta ministeriale sufficiente a giustificare l’indennizzo.