Il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha firmato il decreto di riforma delle Università Telematiche: tra le tante novità vige anche l’obbligo di sostenere gli esami in presenza.


Il testo ridisegna le modalità di erogazione della didattica a distanza (DAD), con l’obiettivo di tutelare la qualità della formazione e rafforzare l’offerta educativa per tutti gli studenti. La misura, frutto di un confronto tra ministero, CRUI, CUN, ANVUR, CNSU e rappresentanti studenteschi, introduce cambiamenti significativi per gli atenei telematici, ma a cascata anche su quelli tradizionali.

Le novità introdotte dal decreto di riforma delle Università telematiche

Il decreto introduce dunque una serie di misure volte a rafforzare la qualità dell’offerta formativa delle università telematiche, uniformandola agli standard del sistema universitario nazionale.

Didattica sincrona ed obbligo di esami in presenza

Uno dei punti centrali riguarda la didattica sincrona, per cui viene stabilita una quota minima obbligatoria del 20% di lezioni dal vivo, non registrate, per garantire un’interazione diretta tra studenti e docenti. Questo cambiamento punta a rendere l’esperienza educativa più partecipativa e a ridurre il rischio che gli studenti si sentano isolati o meno seguiti rispetto ai corsi in presenza.

Gli esami, invece, dovranno svolgersi prevalentemente in presenza, a meno di deroghe specifiche concesse per situazioni eccezionali, come emergenze sanitarie o esigenze legate a studenti con disabilità. L’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) avrà un ruolo centrale nell’assicurare che le nuove disposizioni siano rispettate, intensificando i controlli e monitorando l’efficacia dell’implementazione.

Obiettivi dichiarati e lotta alle irregolarità

La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha sottolineato che il decreto mira a garantire una formazione di qualità uniforme per tutti gli studenti, indipendentemente dalle modalità di erogazione. “Le università devono rispondere alle esigenze formative con gli stessi standard, eliminando disparità e abusi,” ha dichiarato Bernini, evidenziando la necessità di contrastare le irregolarità che in passato hanno alimentato la diffusione di cosiddette “finte università”, realtà operanti ai margini della legalità e spesso prive dei requisiti minimi per garantire un’istruzione adeguata.

Riequilibrio tra studenti e docenti

Un elemento cruciale del decreto riguarda il rapporto numerico tra studenti e docenti nei corsi a distanza. Questa modifica è stata introdotta per migliorare la qualità dell’interazione educativa e ridurre il carico didattico sui docenti, spesso gravati da un numero eccessivo di studenti nei corsi telematici. L’obiettivo è creare condizioni che favoriscano un insegnamento più efficace e personalizzato, avvicinando gli standard delle università telematiche a quelli delle istituzioni tradizionali.

Per le università telematiche, questo significa un adeguamento graduale agli standard previsti dal sistema nazionale. Il decreto concede tempo per l’implementazione, prorogando la scadenza inizialmente fissata dal DM 1154/2021, che aveva già imposto requisiti più stringenti. La nuova deadline, spostata a novembre 2024, mira a consentire agli atenei di riorganizzare le risorse e raggiungere i parametri richiesti.

Rischi connessi alle proroghe

Nonostante gli obiettivi ambiziosi, il decreto non è privo di critiche. Alcuni esperti e rappresentanti del settore temono che il continuo ricorso a proroghe possa indebolire l’efficacia delle misure introdotte. Il rischio percepito è che gli atenei meno strutturati sfruttino il tempo supplementare per evitare interventi significativi, ritardando l’effettivo raggiungimento degli standard qualitativi richiesti.

Gli oppositori delle proroghe sostengono che sia necessario un monitoraggio più rigoroso durante il periodo transitorio, per evitare che l’allentamento delle scadenze comprometta l’obiettivo finale: garantire che ogni università, sia tradizionale che telematica, offra agli studenti un’istruzione di qualità e conforme agli standard europei.

Le critiche al decreto: la posizione della FLC CGIL

Le nuove misure introdotte dal decreto non sono prive di contestazioni. La FLC CGIL, il sindacato della conoscenza, ha sollevato dubbi significativi sull’efficacia delle disposizioni, evidenziando come queste non affrontino in modo completo e strutturale le criticità che affliggono il settore delle università telematiche.

Il problema del modello di business e del rapporto studenti-docenti

Una delle principali critiche riguarda il modello di business adottato da alcune università telematiche, che privilegia la massimizzazione del numero di iscritti a scapito della qualità della formazione. Questo approccio ha portato a rapporti estremamente sproporzionati tra studenti e docenti, che in alcuni casi superano la soglia di 1 docente ogni 300 studenti. Questa situazione rende difficile per i professori garantire un adeguato supporto individuale e per gli studenti accedere a un’esperienza educativa realmente interattiva e personalizzata.

Il sindacato denuncia inoltre che molte lezioni telematiche siano standardizzate, prive di interattività e basate su contenuti preconfezionati. Ciò compromette la capacità degli studenti di sviluppare un confronto formativo diretto con i docenti e con i propri pari, un elemento cruciale per il successo dell’apprendimento universitario.

Mancanza di un cambiamento strutturale

Secondo la FLC CGIL, il decreto si limita a introdurre alcune migliorie tecniche, come la quota obbligatoria di didattica sincrona, ma non riesce a incidere su problematiche di sistema, come la sostenibilità economica e organizzativa degli atenei o l’efficacia delle loro pratiche amministrative. La mancanza di un piano organico per riequilibrare il rapporto tra docenti e studenti o per garantire un monitoraggio rigoroso delle lezioni rappresenta, secondo il sindacato, una grave lacuna.

Le risposte del ministero: impegno per una riforma più ampia

Di fronte a queste critiche, il ministero ha ribadito la propria volontà di lavorare a una revisione più organica e strutturata del sistema universitario telematico. La ministra Bernini ha sottolineato che le università saranno chiamate a dimostrare maggiore trasparenza nelle loro pratiche didattiche e amministrative, con un focus specifico sulla qualità e sull’effettiva applicazione delle nuove regole.

Il ministero prevede che, attraverso l’intensificazione dei controlli da parte dell’ANVUR e la graduale applicazione delle norme, si possano raggiungere standard più alti. Tuttavia, i critici temono che senza un intervento più deciso, il decreto possa rivelarsi un compromesso poco incisivo.

La sfida del futuro: regolamentare senza ostacolare l’innovazione

La questione di fondo resta il bilanciamento tra regolamentazione e innovazione. Mentre è essenziale garantire che le università telematiche rispettino standard di qualità adeguati, il rischio è che normative troppo rigide possano soffocare la flessibilità che caratterizza queste realtà. Le università telematiche rappresentano un’opportunità per ampliare l’accesso all’istruzione, soprattutto per chi non può frequentare corsi in presenza, come lavoratori o persone con difficoltà logistiche.

Secondo i sindacati, per ottenere un equilibrio, sarà fondamentale intervenire su tre fronti:

  1. finanziamenti mirati per sostenere gli adeguamenti necessari e assumere più docenti;
  2. modelli pedagogici innovativi che valorizzino l’interattività e l’apprendimento personalizzato;
  3. meccanismi di monitoraggio trasparenti e continuativi, che garantiscano un’applicazione effettiva delle regole e contrastino gli abusi.