La Legge n. 170 del 2010 avente ad oggetto la disciplina normativa dei disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico costituisce il punto di partenza da cui poter far scaturire alcune riflessioni in merito alla tutela legale degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado con i DSA appena citati.
La legge sui DSA si inserisce in un quadro normativo di intervento volto non a “favorire” gli studenti cui sia diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento bensì volto a prevedere una forma adatta di tutela giuridica.
Prevede l’art. 5 che “Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari.
Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, garantiscono:
a) l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate;
b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere;
c) per l’insegnamento delle lingue straniere, l’uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell’esonero.
Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l’efficacia e il raggiungimento degli obiettivi.
Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’università nonché gli esami universitari.
Proprio su quest’ultima parte dell’art. 5 della legge 170 i Tribunali Amministrativi Regionali hanno preso posizione individuando come può influire la diagnosi di un DSA sulle valutazioni degli studenti, e che a breve andremo ad esaminare.
Poc’anzi si è fatto riferimento all’esistenza di un quadro normativo oltre alla legge 170; ed invero in attuazione della stessa è stato emanato il Decreto Ministeriale n. 5669 del 2011 a cui sono state allegate le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento. Atti di fondamentale importanza per la tutela giuridica di cui si parla.
Hanno fatto seguito poi numerose Circolari Ministeriali e Protocolli regionali che in questa sede però non esaminiamo.
Con riferimento alle valutazioni degli allievi con DSA è di fondamentale importanza l’art. 6 del Decreto Ministeriale n. 5669 del 2011 . L’art 6 è propriamente intitolato “ Forme di verifica e valutazione”.
Cosa prevede nello specifico ? Esaminiamolo con attenzione.
La norma in questione prevede che la valutazione scolastica, periodica e finale, degli alunni e degli studenti con DSA debba essere in primis coerente con gli interventi pedagogico-didattici attuati alla luce delle norme di cui agli articoli precedenti che prevedono gli interventi didattici personalizzati e individualizzati e le misure educative e didattiche da porre in essere nello specifico caso.
Inoltre la norma dispone che ”le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare – relativamente ai tempi di effettuazione e alle modalità di strutturazione delle prove – riservando particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dagli aspetti legati all’abilità deficitaria.
Le Commissioni degli esami di Stato, al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione, tengono in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati. Sulla base del disturbo specifico, anche in sede di esami di Stato, possono riservare ai candidati tempi più lunghi di quelli ordinari. Le medesime Commissioni assicurano, altresì, l’utilizzazione di idonei strumenti compensativi e adottano criteri valutativi attenti soprattutto ai contenuti piuttosto che alla forma, sia nelle prove scritte, anche con riferimento alle prove nazionali INVALSI previste per gli esami di Stato, sia in fase di colloquio.
In ambito universitario, gli Atenei assicurano agli studenti con DSA l’accoglienza, il tutorato, la mediazione con l’organizzazione didattica e il monitoraggio dell’efficacia delle prassi adottate.
Per le prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale programmati a livello nazionale o da parte delle università, sono previsti tempi aggiuntivi, ritenuti congrui in relazione alla tipologia di prova e comunque non superiori al 30% in più rispetto a quelli stabiliti per la generalità degli studenti, assicurando altresì l’uso degli strumenti compensativi necessari in relazione al tipo di DSA.
La valutazione degli esami universitari di profitto è effettuata anche tenendo conto delle indicazioni presenti nelle allegate Linee guida.
Si rammenti che l’art. 4 del D.M 5669 dispone in forma imperativa, quindi ciò costituisce un vero e proprio obbligo per gli Istituti scolastici, di provvedere ad attuare i necessari interventi pedagogico-didattici per il successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA, attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata e ricorrendo a strumenti compensativi e misure dispensative.
Tutto ciò premesso occorre porsi degli interrogativi allorquando uno studente non riesca a raggiungere risultati soddisfacenti durante il suo percorso scolastico o universitario o addirittura quando la sua stessa promozione alla classe successiva sia messa in pericolo.
E’ stata garantita dalla scuola l’attuazione di quanto previsto dalla legge 170 e dagli artt. 4 e 6 del D.M. 5669 del 2011 ?
Sono state adottate misure compensative e dispensative a seguito della certificazione di DSA ?
Quale incidenza ha avuto la sussistenza di un disturbo specifico dell’apprendimento sulla valutazione dell’alunno in corso d’anno e soprattutto nei giudizi di fine anno ?
Sono stati posti in essere percorsi individualizzati e personalizzati ?
Ebbene giova indicare che i TAR sono particolarmente attenti nel responsabilizzare le Istituzioni scolastiche nell’adempimento dei loro doveri ben individuati nelle norme prima evidenziate.
Facendo allora riferimento ad alcune sentenze “che hanno fatto scuola” possiamo evidenziare alcuni passaggi significativi che ben consentono di capire come venga adeguatamente fornita tutela legale in situazioni scolastiche legate ai DSA.
In particolare afferma il Tar del Lazio che: “E’ illegittimo per difetto di motivazione il giudizio negativo formulato dal consiglio di classe in ordine alla promozione alla classe successiva di un alunno, allorché, in presenza di un accertato disturbo specifico di apprendimento da cui lo stesso sia affetto (nel caso, dislessia), abbia omesso di fare menzione e di valutare il rilievo di tale situazione, ai fini del giudizio sui risultati raggiunti dall’alunno”. (TAR per il Lazio, sentenza 23 agosto 2010, n. 31203).
A tal proposito la giurisprudenza amministrativa ritiene che dagli scrutini deve emergere che il Consiglio di Classe ha debitamente considerato la rilevanza del DSA nel giudizio finale.
Nello stesso senso, TAR Lazio – Sezione terza bis ( con Ordinanza n. 3616/2010) ha accolto l’istanza cautelare di ammissione con riserva all’esame di licenza media di alunno con D.S.A. “(..) considerato che dall’esame del verbale di non ammissione versato in atti risulta che il Consiglio di classe ha dato atto di essere a conoscenza e di avere considerato le cartelle cliniche dello scolaro ma che da tale scarna e generica affermazione – peraltro contrastante con quanto affermato dal Dirigente Scolastico nella nota del 23 giugno 2010 – non è dato evincere quali motivate scelte didattiche siano state operate in costanza di tale peculiare situazione oggettiva, in presenza della quale l’ordinamento prevede la predisposizione di prove differenziate oltre che l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative”.
Il TAR Friuli Venezia Giulia, con sentenza 12 ottobre 2011, n. 420, ha accolto un ricorso, ritenendolo fondato perché:
“(..) la valutazione finale non risulta aver adeguatamente ponderato l’effettiva pregnanza dei DSA di cui soffre l’alunno (..). E’ anche evidente che il Consiglio di classe non ha affrontato la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, desumibili anche dal fatto che in due materie nelle quali durante l’anno scolastico precedente alla ripetenza aveva ottenuto la sufficienza, ha invece conseguito risultati insufficienti (storia ed educazione tecnologica).”
Il Tar Lombardia con sentenza n. 31203 del 23 agosto 2010 ha affermato che il consiglio di Classe deve tenere espressamente conto, in sede di formulazione del giudizio finale, di tutti gli altri elementi di valutazione imposti dalla legge, diversi (dislessia) da quello prettamente tecnico dell’esito dei risultati tecnici conseguiti.
In difetto, il giudizio di non promozione risulta carente di motivazione nella misura in cui non evidenzia con compiutezza le ragioni del suo iter logico,avendo omesso di far menzione e di valutare nella sua globalità la particolare situazione dello alunno (dislessia).
L’atto impugnato pertanto risulta quanto mai generico ed incongruo posto che nella specie si limita a sostenere la mancata ammissione alla classe successiva
“…al fine di permettergli di consolidare le conoscenze e le competenze di base nelle discipline nelle quali ha manifestato maggiori difficoltà…” .
Ciò sta ad indicare come il giudizio di non promozione sia carente di motivazione nella misura in cui non evidenzia con compiutezza le ragioni del suo iter logico (Il Tar, quindi, ritiene che non è ammissibile la motivazione per cui non si ammette alla classe successiva un alunno al fine di consentirgli di consolidare le conoscenze nelle materie in cui versa in difficoltà). Sulla base delle suesposte considerazioni il ricorso è stato accolto e per l’effetto il giudizio finale di non promozione impugnato è stato annullato per violazione di legge, per difetto di motivazione.
Il TAR Campania con sentenza n. 2404 del 30 aprile 2014 ha evidenziato il mancato svolgimento di “una effettiva analisi circa l’incidenza causale del DSA sul rendimento dell’alunno, di modo che il giudizio conclusivo manca di quella individualizzazione e personalizzazione che, richieste per ciascuno studente, lo sono a maggior ragione per quelli affetti da disturbi dell’apprendimento: inoltre, manca una oggettiva verifica in ordine alle ragioni della scarsa efficacia dimostrata dagli strumenti metodologici e didattici previsti dal Progetto Didattico Personalizzato, la cui stessa attuazione è stata contestata dalla parte ricorrente”.
Il ricorso presentato al Tar è stato accolto per violazione dell’art. 5, comma 4, della L. 170/2010 e dell’art. 10 D.P.R. 122/2009 (“Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni”) secondo cui, per gli alunni con DSA certificato, la valutazione e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle per l’esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni. Infatti “la considerazione della condizione patologica dell’alunno rappresenta un elemento necessario non soltanto dell’iter didattico, ma anche del momento valutativo: viceversa, nella fattispecie, l’impugnato giudizio di non ammissione prescinde totalmente dal disturbo che affligge il minore”.
(Nel medesimo orientamento si colloca la sentenza TAR Lazio n. 10817 del 28 ottobre 2014, che riguarda un alunno con DSA e disturbo da deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD).
Anche il Consiglio di Stato con sent. n. 3593 del 14 agosto 2012 ha accolto il ricorso dei genitori di un alunno, richiamando l’importanza delle motivazioni contenute nel giudizio finale del Consiglio di Classe. Infatti “Gli elementi portati a motivazione del negativo giudizio (attenzione didattica mirata al conseguimento degli obiettivi minimi e socio-educativa finalizzata al rispetto delle regole scolastiche, negativo commento sulle effettive possibilità che lo studente abbia di recuperare in tempi brevi i debiti formativi per poter affrontare responsabilmente l’anno scolastico successivo) presentano, evidentemente, un vizio motivazionale di fondo, per non tenere in alcuna considerazione il percorso scolastico dell’alunno ed i risultati conseguiti in rapporto alla patologia certificata in base ad una diagnosi specialistica, così come richiesto sia dall’art.10 del regolamento (“adeguatamente certificate”) che dalle istruzioni operative dell’amministrazione centrale (“diagnosi specialistica di disturbo specifico”), che andava adeguatamente valutata. La genericità della deliberazione di non ammissione alla classe e l’omissione di ogni considerazione delle condizioni dell’alunno comporta, pertanto, la necessità di annullamento del giudizio finale, con assorbimento delle ulteriori censure, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione”.
Dalla rassegna di queste sentenze importanti per la direzione in cui sono poi andati molti Tar italiani si evince come gli studenti ed alunni con DSA siano fortemente attenzionati anche dalla magistratura volta a garantir loro adeguate forme di tutela finalizzate ad attuare le previsioni normative contemplate dal nostro ordinamento.
Le valutazioni concernenti alunni e studenti DSA devono tenere sempre in debita considerazione il disturbo loro diagnosticato, diversamente, le stesse, saranno viziate per aver omesso nel giudizio un elemento di fondamentale importanza affinche la valutazione possa dirsi correttamente effettuata nei riguardi del singolo studente.
A conclusione di queste riflessioni in tema di DSA occorre evidenziare come non solo le forme di tutela legale si risolvono ( laddove vi siano i presupposti ) nell’annullamento della bocciatura o del debito formativo, ma altresì nella forma del risarcimento del danno, patrimoniale e morale; ne discende, pertanto, una tutela demolitoria quanto al provvedimento negativo di bocciatura ed una tutela risarcitoria a ristoro dei danni subiti.