Anticipo pensionistico a rischio per i lavoratori con assegni bassi? La trasmissione al Consiglio di Stato dello schema di DPCM attuativo sull’anticipo volontario mette in luce alcuni aspetti circa la concreta possibilità di accedere all’APE volontario, cioè al prestito pensionistico erogato dal settore bancario e assistito da un’assicurazione privata.
Soprattutto per coloro che hanno maturato prestazioni di importo piuttosto contenuto.
Il DPCM specifica che la misura si rivolge ai lavoratori dipendenti del settore privato, i dipendenti del settore pubblico, gli autonomi iscritti presso le relative gestioni speciali dell’Inps (artigiani, commercianti e coltivatori diretti), gli iscritti alla gestione separata dell’Inps (restano fuori i liberi professionisti e i giornalisti iscritti all’Inpgi) in possesso di 63 anni di età e 20 anni di contributi a condizione che si trovino a non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento di vecchiaia nel regime obbligatorio. Tali soggetti potranno ottenere l’anticipo di una parte della propria pensione sino ad un massimo di 43 mesi dalla pensione di vecchiaia.
La soglia minima di accesso
Sarà richiesta tuttavia l’ulteriore condizione consistente nella circostanza che l’importo della pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del prestito richiesto, risulti pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’assicurazione generale obbligatoria (cioè 702,65 euro al mese). Dato che questo valore deve essere al netto della rata di restituzione, il cui importo può toccare diverse centinaia di euro al mese a dell’entità e della durata dell’anticipo richiesto, il prestito si rivolgerà prevalentemente alle platee dei lavoratori che hanno maturato una pensione lorda superiore a mille euro al mese mentre coloro che hanno una pensione di importo ricompreso tra i 750 e i mille euro mensili dovranno valutare l’effettiva possibilità di conseguire lo strumento riducendo l’importo dell’anticipo richiesto o spostando in avanti l’uscita di qualche mese per rispettare il suddetto vincolo. Per queste classi di assegno, infatti, la rata di ammortamento del prestito può far scendere il reddito al di sotto dei 702 euro mensili determinando l’impossibilità di ottenere il prestito pensionistico. Come dire che le classi più deboli saranno sostanzialmente fuori dal beneficio.
Gli effetti degli adeguamenti alla speranza di vita
Il DPCM prende in considerazione, tuttavia, anche altri aspetti circa le sorti del prestito in determinate ipotesi. In particolare viene stabilita l’incompatibilità tra la percezione del prestito e la titolarità di un trattamento pensionistico diretto. Ove il percettore ottenga, dunque, la liquidazione della pensione anticipata (prima del pensionamento di vecchiaia su cui, come noto, viene tarata ab origine la durata del prestito finanziario) l’articolo 3, co. 4 del DPCM determina l’interruzione anticipata del prestito pensionistico con conseguente ricalcolo del piano di ammortamento finanziario e l’importo della nuova rata di ammortamento. Che quindi sarà meno oneroso per l’assicurato.
Altra questione presa in considerazione del DPCM riguarda gli effetti futuri della speranza di vita. Qualora, infatti, in corso di erogazione dell’APE, intervenga un adeguamento che faccia slittare la data della pensione di vecchiaia rispetto alla data originariamente prevista, la durata del prestito viene rideterminata in misura pari all’incremento, con conseguente rideterminazione del debito residuo, comprensivo della quota relativa al premio assicurativo e del relativo piano di ammortamento. In tale ipotesi, pertanto, la soluzione adottata dal Governo è quella di scaricare sull’assicurato il costo della copertura dell’eventuale periodo di slittamento. Tale operazione comporterà per l’assicurato un incremento della rata di ammortamento oppure un allungamento del piano di rimborso del prestito. Questi rischi, indica il Consiglio di Stato, dovranno essere chiaramente esposti al richiedente al momento della stipulazione del contratto.
Infine l’articolo 12 del DPCM prevede, poi, espressamente la facoltà di estinzione anticipata totale o parziale del finanziamento. Il percettore potrebbe, ad esempio, decidere di estinguere il prestito prima della sua scadenza naturale estinguendo totalmente o parzialmente il debito accumulato. Questa ipotesi determina effetti complessi sul piano di ammortamento in relazione alla copertura assicurativa, alla garanzia del fondo, alla domanda di pensione di vecchiaia, al debito residuo da restituire, al ricalcolo del piano di ammortamento e della nuova rata da trattenere sulla pensione, all’indennizzo dei costi amministrativi e di gestione, alla restituzione della quota parte non goduta del premio assicurativo e della commissione di accesso al fondo di garanzia.
Il decollo dopo l’estate
Lo strumento dovrebbe essere a disposizione dopo l’estate considerando i tempi tecnici per l’adozione definitiva del decreto e dell’approvazione delle successive convenzioni con il settore bancario ed assicurativo. Dunque con uno slittamento di diversi mesi rispetto alla data del 1° maggio 2017. Non a caso il Cds ha consigliato all’esecutivo, al pari di quanto previsto per l’ape sociale e per la cd. quota 41 per i lavoratori precoci, una decorrenza retroattiva del provvedimento.