Si parla sempre di più di settimana corta, con diverse proposte di legge, ma è applicabile anche al pubblico impiego? Vediamolo insieme.


Le forme e le modalità lavorative mutano nel tempo. Lo abbiamo visto con lo smart working, utilizzato in maniera massiccia durante il periodo della pandemia di Covid-19, ma impiegato (e richiesto) ancora oggi.

Si lavora sempre più in maniera ibrida, ma il lavoro agile non è la sola modalità di lavoro “nuova” in atto.

Il tema della settimana corta rimane in discussione, sia al Governo che nell’opinione pubblica, con molte aziende (soprattutto multinazionali) che l’hanno applicata, suscitando il parere favorevole dei dipendenti.

Ma sarebbe possibile applicarla anche alla Pubblica Amministrazione? Ecco una panoramica.

Settimana corta: di cosa si tratta e quali sono le recenti proposte di legge

La settimana corta prevede una riduzione del numero di giorni lavorativi in una settimana, passando da 5-6 giorni a 4 giorni.

Per quanto riguarda il monte orario, dipende molto dalle diverse proposte: alcune mantengono invariato il numero di ore lavorative, mentre in altre proposte si riduce il monte orario (pur mantenendo la stessa retribuzione).

La misura è pensata per migliorare la qualità della vita dei dipendenti, aumentando la produttività aziendale.
Diversi studi fatti all’estero, soprattutto nel Nord Europa, hanno riscontrato aumenti di produttività e soddisfazione nei dipendenti, senza alcun cambiamento nella qualità dei servizi.

Ad oggi, in Italia è il tema è ancora molto dibattuto.

Due settimane fa, i partiti Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno avanzato tre proposte diverse, alla Commissione Lavoro della Camera, per poter applicare la settimana corta anche in Italia.

La proposta di Alleanza Verdi e Sinistra prevedrebbe una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro, a parità di retribuzione, in modo da aumentare anche l’occupazione in alcuni comparti produttivi. Nella proposta sono comprese anche delle riduzioni degli straordinari (con limiti giornalieri e settimanali) e un Fondo d’incentivazione alla riduzione dell’orario di lavoro, per i datori che adottano una diminuzione di almeno il 10% dell’orario settimanale.

Nella proposta del Partito Democratico si prevede una riduzione progressiva dell’orario di lavoro e un esonero del versamento dei contributi, nella misura del 30% (che aumenta al 40% per i lavori usuranti).

Infine, il Movimento 5 Stelle ha avanzato una proposta che vede la riduzione del monte orario a 32 ore (pur mantenendo la stessa retribuzione) e un esonero contributivo per i datori di lavori, fino a 8mila euro, per i primi tre anni.

settimana corta pubblico impiegoSettimana corta: è possibile anche per il pubblico impiego?

Proprio com’è stato per lo smart working, il tema della settimana corta sta creando un grande dibattito, sia nel settore privato che in quello pubblico.
In Italia sono già diverse le aziende private che l’hanno applicata, come Intesa SanPaolo, Sace e Luxottica.

E ovviamente il dibattito è arrivato anche al settore pubblico, dove già l’applicazione del lavoro agile è stato fonte di diverse discussioni.

Per il pubblico impiego non ci sono state vere e proprie proposte sulla settimana corta, ma sicuramente, per poterla applicare, ci sarebbe bisogno di una generale riforma del sistema, insieme ad una seria ristrutturazione organizzativa.

Per poter applicare un modello lavorativo come la settimana corta, nella Pubblica Amministrazione, ci vorrebbe una rivoluzione del sistema amministrativo pubblico.

Le problematiche sono diverse, ma la principale è sicuramente la carenza di personale, che già provoca diversi disagi ai servizi e che non potrebbe sopportare anche una riduzione delle giornate lavorative.

Ad oggi, quindi, è sicuramente un’utopia pensare di poter applicare la settimana corta anche al settore pubblico. Questo, perché c’è bisogno di una riorganizzazione imponente del settore, che deve prevedere, in primis, la ricostituzione dell’organico.

Al tempo stesso, però, l’applicazione di questo nuovo modello lavorativo renderebbe sicuramente più attrattiva la PA, soprattutto nel continuo paragone col settore privato, migliorando la complicata fase del rinnovo contrattuale.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it