I comitati che rappresentano le istanze dei lavoratori chiedono l’estensione dell’uscita anticipata a prescindere dai profili di tutela. “I paletti sono troppi”.
Tanto fumo e poco arrosto. E’ questo il giudizio secco lanciato dai gruppi che rappresentano le istanze dei lavoratori precoci sulle misure in arrivo nei prossimi giorni. La quota 41, tanto sbandierata in questi ultimi mesi dal Governo e dalle parti sociali, riguarderà, infatti, solo una piccola parte della platea dei lavoratori che hanno lunghe carriere contributive alle spalle. Uno o due su dieci, ricordano dai comitati. Si tratta giusto delle situazioni con maggior disagio determinate dall’aver lavorato almeno 12 mesi prima del 19° anno di età e dal ritrovarsi in determinati profili di tutela che non tutti potranno rispettare. E a condizione peraltro che ci siano adeguate risorse disponibili (altrimenti si rischia uno slittamento della percezione del sostegno economico). Per gli altri non cambia nulla. Anzi ci sarà anche la beffa di non poter accedere all’APE sociale o all’APe volontario in quanto per il conseguimento di questi strumenti occorrerà un requisito anagrafico di almeno 63 anni di età.
Francesco, ad esempio, ci scrive ricordandoci di essere un lavoratore con 41 anni e mezzo di contributi e 60 anni ma non ha 12 mesi di lavoro svolto prima del 19° anno di età. Nel suo caso, pur avendo perso il lavoro a causa di un licenziamento ed avendo esaurito la Naspi, non otterrà alcun beneficio dai nuovi strumenti. Non può uscire con la quota 41 perchè non ha lavorato almeno un anno prima del 19° anno di età, nè avrà diritto all’APE sociale perchè non ha il requisito anagrafico di 63 anni. Del pari non può chiedere l’APE volontario sempre per il mancato possesso del predetto requisito anagrafico. Nel suo caso la data di pensionamento resterà sempre ancorata a 66 anni e 7 mesi o, in alternativa, dovrà pagarsi i contributi volontari sino al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contribuzione per centrare la pensione anticipata “standard”.
Valerio è invece un lavoratore autonomo con 61 anni che ha cessato la propria attività a causa della crisi dopo aver maturato ben 42 anni di contributi. Anche se ha 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età non rientra nell’agevolazione precoci perchè è un lavoratore autonomo mentre il beneficio della quota 41, nel profilo dedicato alla disoccupazione, è destinato ai soli lavoratori dipendenti disoccupati a seguito di un licenziamento. Giorgio, del pari, è un lavoratore dipendente che ha una disoccupazione derivante però non da un licenziamento ma dalla scadenza naturale di un contratto a tempo determinato. Anche in tal caso per lui non arriva alcun beneficio. Laura, invece, è una lavoratrice dipendente con una invalidità civile del 66%. Pur avendo 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età non può accedere alla quota 41 in quanto non possiede una invalidità civile di almeno il 74%. Ed infine Carlo che è un autista di camion ma con partita iva. Pur svolgendo una mansione appartenente ai cd. lavori gravosi è tagliato fuori dalla quota 41 in quanto risulta un lavoratore autonomo.
I Comitati chiedevano un intervento ben più strutturale sulla legge Fornero. Una quota 41 per tutti i lavoratori, a prescindere dalle condizioni di maggior disagio e dall’aver lavorato almeno 12 mesi prima del 19° anno di età. Proposta contenuta nel disegno di legge Baretta-Damiano, ormai finito su un binario morto in Parlamento. “Siamo stanchi di anni di promesse e smentite. Chiediamo una revisione che permetta un sano turn over nel mondo del lavoro, perché siamo stufi di essere considerati il Bancomat dello Stato, siamo stufi di dover pagare per errori commessi da una vecchia classe politica, siamo stufi dopo 38/40 e più anni di lavoro di sentirci ripetere che siamo troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per un nuovo lavoro, siamo stufi di vedere i nostri figli “ pietire” un lavoro in nero o sottopagato o part-time pagato con i voucher e senza alcuna tutela contrattuale o giuridica che possa difenderli” ricordano dai Comitati. Una proposta che per ora resta un miraggio. Secondo Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro della Camera, il Governo ha dato una prima risposta alle “situazioni oggettivamente più critiche come i disoccupati, i lavoratori invalidi, chi assiste un parente con grave disabilità, chi svolge mansioni particolarmente gravose” ed apre la strada ad ulteriori correttivi in futuro compatibilmente con le risorse a disposizione.