contrattoRestano magre le risorse per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici nella legge di stabilità. I trattamenti accessori resteranno bloccati sino all’attuazione della Riforma Madia. Parte il confronto fra gover­no e sindacati sul rinnovo dei contratti degli statali e sulla rifor­ma del pubblico impiego. L’annuncio della convocazione è arrivato dalla ministra per la Pubblica am­ministrazione e l’Innovazione Marianna Madia, intervenuta al Forum nazionale della Cgil sul riordino della Pa.

 

Poche comunque le risorse sul tavolo. La legge di stabilita’ ha messo a disposizione circa 300 milioni per il rinnovo della parte economica del contratto  (di cui 74 milioni per le Forze Armate e i Corpi di Polizia ed altri 7 per il restante personale in regime di diritto pubblico). Secondo la Madia questi fondi saranno solo un inizio, e il loro aumento in prospettiva dipenderà dalla crescita reale del Paese, ma che nei nuovi contratti «chi ha di meno deve avere di più». Nei prossimi incontri si dovrebbe individuare un meccanismo progressivo, per concentrare gli aumenti  sulle fasce di reddito più basse e diluirle su quelle più alte. Camusso chiede invece «au­menti sui minimi tabellari per tutti», e più in generale non sem­bra semplice trovare l’accordo su una linea diversa con i sindacati.

 

Da segnalare però che da quest’anno è stata introdotta un’altra frenata per le possibilità di spesa nel pubblico impiego: nella versione definitiva della Stabilità viene fissata una nuova percen­tuale di turn over, che questa volta riguarda sia la Pa centrale sia quella locale (regioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno) e ferma per i prossimi tre anni la spesa per le assunzioni al25% dei risparmi ottenuti con le uscite dell’anno prima.

 

Dunque si blocca la Riforma Madia che avrebbe visto passare al 60% da quest’anno lo svincolo delle nuove assunzioni sia per gli enti locali che per le amministrazioni centrali, percentuali comunque teoriche, in particolare negli enti locali dato che possibilità di nuovi ingressi sono state di fatto congelate dall’esigenza di ricollocazione del personale in uscita dalle Province, e dal prolungamento dei tempi di avvio delle operazioni di mobilità. C’è solo una deroga al limite del 25%: negli enti territoriali interessati dal processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali la percentuale del turn-over viene fissata all’80% proprio per consentire l’assorbimento degli esuberi provenienti dalle ex-province. Un’altra deroga al turn over salita sul treno della stabilità riguarda i comuni di piccole dimensioni che si sono fusi o le unioni di comuni.

 

Sempre sul fronte dei tagli quest’anno c’è stata una sforbiciata del 10% ai fondi per gli uffici di diretta collaborazione dei ministri ed un tetto ai trattamenti accessori del personale (anche di qualifica dirigenziale) che non potranno salire rispetto al 2015 in attesa della riduzione a quattro dei comparti e dell’attuazione della Riforma Madia sul pubblico impiego.