Numerose amministrazioni negli ultimi mesi stanno avviando dei bandi di mobilità per la copertura di posti vacanti, spesso dichiarando alcuni o tutti i candidati “non idonei” a coprire il posto indicato nel bando.
Tale prassi viene mutuata dai concorsi pubblici ma l’istituto della mobilità volontaria del personale disciplinato dall’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, in realtà, si configura per il singolo dipendente come una cessione di contratto. Il dipendente, infatti, ha già superato un concorso pubblico e, pertanto, è già risultato idoneo allo svolgimento dei compiti e delle mansioni previste per dal suo specifico profilo professionale.
Tant’è che nel secondo periodo del comma 1 del citato articolo 30 del Testo Unico del Pubblico Impiego si prevede che “le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere”.
Da questa disposizione discende l’obbligo per l’ente che bandisce la “mobilità volontaria” di rispettare i principi di imparzialità e buon andamento imposti all’agire di ogni Pubblica Amministrazione, mentre la Corte Costituzionale ha ritenuto, con sentenza n. 324 del 3-12 novembre 2010, di precisare che: “l’istituto della mobilità volontaria altro non è che una fattispecie di cessione del contratto; a sua volta, la cessione del contratto è un negozio tipico disciplinato dal codice civile.”.
Il procedimento riguardante la copertura di un posto vacante, indicato nel piano del fabbisogno del personale, tramite procedura di mobilità volontaria non prevede, dunque, la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, ma semplicemente il trasferimento della titolarità del contratto di lavoro ad un’altra Amministrazione. Infatti, tale rapporto è già stato costituito tramite concorso pubblico che ne ha attestato l’idoneità del dipendente allo svolgimento delle relative mansioni e funzioni.
Per questi motivi la normativa prevede che il bando di mobilità debba fissare preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, limitando la “scelta” il più possibile ad una mera valutazione comparativa di carattere oggettivo e meccanico di verifica della corrispondenza tra la professionalità richiesta dall’amministrazione di destinazione e quella già rivestita dal dipendente nell’amministrazione di provenienza.
La differenza tra l’accesso alla PA tramite le “procedure di reclutamento”, ex art. 35 del D.Lgs. 165/2001 e il trasferimento tramite le procedure previste per la mobilità volontaria non è, pertanto, solamente nominalistica: nel primo caso ci troviamo davanti ad una selezione che deve rispettare la citata disciplina dell’art. 35 del D.Lgs 165/2001, mentre nel secondo si è in presenza di una procedura comparativa in cui vengono semplicemente verificati i requisiti posseduti e, al più, l’attitudine allo svolgimento del ruolo senza ulteriori spazi di discrezionalità nella valutazione del candidato. Certamente un dipendente già ritenuto idoneo allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo professionale richiesto non può essere nuovamente sottoposto ad una nuova “prova selettiva” al fine di valutarne l’idoneità: tale valutazione, soprattutto per quanto riguarda la procedura prevista dal comma 2-bis dell’art. 30 del D.Lgs 165/2001 (procedura di mobilità obbligatoria e propedeutica all’indizione di un successivo concorso pubblico) potrebbe essere considerata un semplice pretesto per eludere il contenimento della spesa pubblica e ricorrere comunque alla successiva procedura concorsuale.
Del tutto fuori luogo risulta, infine, appare il ricorso a “graduatorie di mobilità” pregresse alle quali attingere senza la pubblicazione di un apposito bando così come previsto dal comma 1 del citato articolo 30. La formazione di una graduatoria di merito è prevista dal D.P.R. 487/1994 all’articolo 15 e riguarda unicamente la selezione per concorso. È quindi evidente che coloro che non sono stati scelti tramite il bando di mobilità, non risultano “idonei” in alcuna graduatoria la cui esistenza e la cui durata risultano essere una pura e semplice invenzione non contemplata da alcuna vigente disciplina.