Pensioni, Vietato il cumulo con redditi da lavoro ai Precoci che prendono la pensione anticipata? Le regole dell’INPS.
L’Inps dovrà recuperare tutte le rate di pensione percepite dal momento della decorrenza del trattamento sino al periodo di tempo nel quale è previsto il divieto di cumulo. I lavoratori precoci che sfrutteranno il prepensionamento con 41 anni di contributi non potranno svolgere alcuna attività lavorativa per un periodo temporale massimo di un anno e 10 mesi dal momento del pensionamento. Pena la sospensione della pensione e la restituzione di tutti i ratei percepiti. Lo prevede l’articolo 1, co. 214 della legge n. 232 del 2016 e l’interpretazione che ne è stata data dall’Inps nella Circolare 99/2017 illustrativa della misura.
La questione
Come noto dal 1° maggio 2017 alcune categorie di lavoratori in condizione di difficoltà economica (disoccupati, invalidi, caregivers, addetti a mansioni gravose o a lavori usuranti) in possesso di almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età possono pensionarsi con un requisito di anzianità contributiva ridotto a 41 anni (invece che 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi le donne). Tuttavia la legge 232/2016 ha introdotto il divieto di cumulo della pensione ottenuta in virtu’ di tale agevolazione con redditi da lavoro per il periodo corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva per la pensione anticipata con requisiti standard, e l’anzianità contributiva posseduta al momento del pensionamento anticipato.
Si tratta di una norma particolarmente severa in quanto non prevede alcuna soglia di tolleranza annua oltre il quale scatta il divieto di cumulo a differenza di quanto previsto con l’APe sociale nel quale i lavoratori possono cumulare l’indennità con redditi da lavoro dipendente o parasubordinato sino ad 8mila euro annui (4.800 euro nel caso di lavoro autonomo). Dunque anche lo svolgimento di un’attività poco redditizia, al di sotto delle predette soglie, o comunque saltuaria o occasionale farebbe scattare il divieto di cumulo. Pesanti anche le conseguenze per il prepensionato: il trattamento previdenziale viene infatti sospeso sin dalla data di decorrenza dello stesso e fino a conclusione del periodo di tempo per il quale è previsto il divieto di cumulo con obbligo in capo all’Inps alla ripetizione di tutte le somme erogate, comprensive della 13^ mensilità, in tale periodo. Un divieto, in definitiva, particolarmente intenso che impedisce al precoce che gode della pensione anticipata con 41 anni di contributi di svolgere qualsiasi attività di lavoro, subordinato, parasubordinato ed autonomo, sia in Italia che all’estero. Al fine dell’applicazione della norma l’interessato dovrà comunicare tempestivamente all’Inps i redditi da lavoro. Per quanto riguarda l’individuazione del reddito da lavoro autonomo rilevante ai fini del divieto di cumulo, debbono essere presi in considerazione tutti i redditi comunque ricollegabili ad attività di lavoro svolte senza vincolo di subordinazione, indipendentemente dalle modalità di dichiarazione ai fini fiscali.
L’Individuazione del periodo temporale
Fortunatamente il divieto di cumulo redditi pensione ha un perimetro temporale di applicazione piuttosto ristretto in quanto è corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva per la pensione anticipata con requisiti standard, e l’anzianità contributiva posseduta al momento del pensionamento anticipato. Vale a dire che un lavoratore che consegue la pensione con 41 anni di contributi non potrà lavorare per un anno e 10 mesi dal pensionamento cioè sino al perfezionamento (virtuale perchè in realtà tale anzianità non verrà mai ragguagliata essendo il lavoratore già in pensione) di 42 anni e 10 mesi di contributi (al netto dei futuri adeguamenti alla speranza di vita che potrebbero scattare dal 1° gennaio 2019); una lavoratrice che consegue la pensione con 41 anni di contributi non potrà lavorare per 10 mesi dal pensionamento cioè sino al perfezionamento (sempre virtuale) di 41 anni e 10 mesi di contributi (al netto dei futuri adeguamenti alla speranza di vita che potrebbero scattare dal 1° gennaio 2019); un lavoratore che, invece, accede alla pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi non potrà svolgere attività lavorativa per 12 mesi dal pensionamento cioè sino al perfezionamento di 42 anni e 10 mesi di contributi (al netto dei futuri adeguamenti alla speranza di vita che potrebbero scattare dal 1° gennaio 2019).
Una volta raggiunta la predetta anzianità contributiva (virtuale) torna in vigore la disciplina generale che consente la piena cumulabilità della pensione con redditi da lavoro dipendente o autonomo come stabilita dall’articolo 19 del Dl 112/2008.