La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 1227/2025, ha stabilito importanti principi in merito all’abuso dei permessi retribuiti previsti dalla Legge 104/1992 per l’assistenza ai familiari con disabilità.
La sentenza ha riguardato il caso di un lavoratore licenziato per giusta causa a seguito di un presunto utilizzo scorretto di tali permessi. Questa pronuncia rappresenta un importante riferimento per la giurisprudenza futura, contribuendo a definire meglio i confini tra legittimo esercizio del diritto e abuso dello stesso.
Il caso esaminato
Un dipendente di una società era stato allontanato dal lavoro il 30 dicembre 2019, con l’accusa di aver sfruttato i giorni di permesso per finalità diverse dall’assistenza al suocero disabile. L’interessato aveva contestato il licenziamento sostenendo l’insussistenza delle accuse e chiedendo il reintegro.
In un primo momento, il Tribunale aveva accolto il ricorso del lavoratore, annullando il licenziamento e imponendo la reintegrazione nel posto di lavoro, con l’aggiunta di un’indennità risarcitoria fino a dodici mensilità. A seguito dell’opposizione dell’azienda, il giudice aveva confermato la reintegrazione, ma ridotto l’importo dell’indennizzo, detraendo l’assegno alimentare percepito dall’ex dipendente.
La Corte d’Appello, riesaminando il caso, aveva invece stabilito che il lavoratore aveva dedicato all’assistenza solo il 42,5-45% del tempo totale concesso dai permessi, una percentuale ritenuta insufficiente per giustificare l’uso dei giorni retribuiti. Di conseguenza, era stato confermato il licenziamento per abuso del diritto.
I motivi di ricorso
Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, avanzando due principali motivazioni:
- L’omessa considerazione del fatto che l’assistenza risultasse comunque prestata nei giorni di permesso, seppur in misura ritenuta insufficiente.
- La presunta errata interpretazione della normativa sulla Legge 104, che non richiede una coincidenza esatta tra l’orario lavorativo e il tempo dedicato all’assistenza.
La Cassazione sull’abuso dei permessi Legge 104
La Suprema Corte ha respinto il primo motivo, ritenendo che la Corte d’Appello avesse già valutato la questione e considerato insufficiente il tempo dedicato al familiare. Tuttavia, ha accolto in parte il secondo motivo, chiarendo che la valutazione dell’uso corretto dei permessi non può basarsi esclusivamente su un parametro quantitativo, ma deve tenere conto anche della qualità dell’assistenza fornita.
Il concetto di “abuso del diritto”
La Cassazione ha ribadito che l’abuso del diritto si configura quando un lavoratore utilizza i permessi per scopi diversi da quelli per cui sono concessi, in violazione dello spirito della norma. Il criterio non può essere solo numerico, ma deve considerare anche le attività indirette legate all’assistenza, come l’acquisto di farmaci, la gestione delle pratiche sanitarie o l’accompagnamento a visite mediche.
Questa interpretazione conferma la necessità di una valutazione caso per caso, evitando un’applicazione rigida delle regole che potrebbe penalizzare i lavoratori che si occupano realmente dei propri familiari disabili, sebbene con modalità non coincidenti con l’orario lavorativo.
Implicazioni per lavoratori e aziende
La sentenza della Cassazione fornisce un criterio chiaro per la gestione dei permessi previsti dalla Legge 104, bilanciando la tutela dei lavoratori con la necessità di prevenire abusi. Le aziende dovranno considerare non solo il tempo effettivamente dedicato all’assistenza, ma anche la qualità delle cure fornite. D’altro canto, i dipendenti dovranno documentare adeguatamente le attività svolte durante i giorni di permesso per evitare contestazioni disciplinari.