Il decreto legge milleproroghe ha rinviato di un anno il prelievo che sarebbe scattato da Aprile. Sullo sfondo la reintroduzione di fasce di rivalutazione degli assegni più favorevoli per i pensionati con importi superiori a tre volte il trattamento minimo Inps.
La restituzione della maggiore indicizzazione dell’0,1% concessa nel 2015 sarà recuperata nel 2018. A stabilirlo il decreto legge milleproroghe approvato in via definitiva dal Parlamento che mette la parola fine ad una questione che tiene banco ormai da un paio di anni, frutto del rallentamento dell’economia di questi ultimi anni. Come si ricorderà nel 2014 è stato adottato un indice di rivalutazione provvisorio dello 0,3%, mentre quello definitivo è risultato dello 0,2 per cento. Di conseguenza già nel 2016 sarebbe dovuto scattare il recupero pari a 0,1 punti percentuali moltiplicato per le tredici mensilità erogate nel corso del 2015. Si tratta di importi contenuti: tra 16 e 20 euro per chi incassa pensioni lorde mensili che oscillano tra 1.400 e 3.000 euro. La scorsa legge di stabilità aveva rinviato la procedura di recupero dal 2016 al 2017 e l’Inps si era già attrezzata indicato che il prelievo sarebbe scattato ad Aprile. Ora il decreto milleproroghe sposta ancora di un anno, al 2018, il prelievo nella speranza che la ripresa dell’inflazione quest’anno possa compensare l’effetto sugli assegni.
Le nuove fasce di indicizzazione
Sul fronte della rivalutazione degli assegni pensionistici il Governo si è impegnato, comunque, in esito al confronto in corso con la parte sindacale, ad una ampia revisione a partire dal 2019. L’attuale sistema, in vigore dal 1° gennaio 2014 sino al 31 dicembre 2018 prevede, fermo restando la piena indicizzazione all’inflazione degli assegni sino a 3 volte il minimo, una rivalutazione al 95% per i trattamenti tra 3 e 4 volte il minimo inps, al 75% tra 4 e 5 volte, al 50% tra 5 e 6 volte e al 45% per gli assegni oltre le sei volte il minimo. Questo meccanismo è stato introdotto dall’articolo 1, comma 483 della legge 147/2013 dopo il blocco biennale dell’indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo inps disposto dalla Riforma Fornero nel biennio 2012-2013. In origine il meccanismo doveva scadere il 31 dicembre dello scorso anno ma la legge di stabilita’ del 2016, per finanziare la proroga dell’opzione donna ed altre misure a sostegno dei pensionati, lo ha prorogato di altri due anni. Fortunatamente un tasso di inflazione inchiodato praticamente sullo zero in quest’ultimo anno sta garantendo effetti praticamente neutri un pò su tutte le classi degli assegni. Ma se nel prossimo biennio l’inflazione risalirà la china le attuali aliquote di rivalutazione delle pensioni continueranno a far pagare dazio alla classe media che ha già lasciato sul terreno molti denari a partire dall’introduzione della Legge Fornero nel 2012.
Dal 1° gennaio 2019 il Governo ha indicato la volontà di reintrodurre percentuali di rivalutazione più generose previste dalla legge 388/2000 sino al 2011 secondo la quale gli assegni devono essere indicizzati pienamente all’inflazione fino a tre volte il minimo, nella misura del 90% per le fasce da tre a cinque volte il minimo e del 75% per i trattamenti eccedenti il quintuplo del minimo Inps. Con ritorno al vecchio sistema di perequazione verrà ripristinato anche il sistema che vede l’applicazione della rivalutazione su fasce d’importo e non più su scaglioni singoli di importo, uno stratagemma tecnico, introdotto sempre con la legge 147/2013, che determina una ulteriore perdita lieve di valore dell’assegno nel tempo. Attualmente, infatti, un assegno di 1.600 euro lordi al mese viene rivalutato in misura unica pari al 95% dell’importo dell’inflazione. Ad esempio se l’inflazione è pari all’1% l’assegno, con le regole attuali, subisce un incremento di 15,2 € annui (1600 x 1% x 0,95). Con il sistema a fasce di importo l’assegno verrà rivalutato in misura piena sino a tre volte il trattamento minimo inps e misura pari al 90% dell’inflazione per la parte eccedente il precedente scaglione d’importo, portando in dote al pensionato una somma leggermente superiore [1500 x 1% + (1600-1500) x 1% x 0,90]= 15,90€.
Dall’esecutivo arriva anche l’impegno a valutare la possibilità di utilizzare un diverso indice per la rivalutazione delle pensioni, maggiormente rappresentativo della struttura dei consumi dei pensionati, e a valutare la possibilità di recuperare parte della mancata indicizzazione ai fini della rivalutazione una tantum del montante nel 2019.