inpdap, governo pensioni

L’aumento dei requisiti minimi, ricorda la Ragioneria generale dello Stato, sono parametri “fondamentali” di valutazione dei sistemi pensionistici “specie per i paesi con alto debito pubblico come l’Italia”.


 

Interventi di legge “diretti non tanto a sopprimere esplicitamente gli adeguamenti automatici” sulle pensioni, inclusi gli scatti di età, “ma a limitarli, differirli o dilazionarli, determinerebbero comunque un sostanziale indebolimento della complessiva strumentazione del sistema pensionistico italiano”.

 

 

La Ragioneria sottolinea che l’effetto di «una modifica normativa volta alla soppressione permanente del meccanismo di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento», sarebbe «una maggiore spesa per pensioni in rapporto al Pil di dimensioni consistenti». Dal confronto con la normativa vigente, «emerge fin dal 2021, con un profilo crescente che arriverebbe a circa 0,8 punti di Pil nel 2033». Ecco che l’effetto «cumulato risulta di 21 punti di Pil al 2060 e di 23,4 punti al 2070. Tale risultato – si spiega – è determinato soprattutto dal peggioramento del rapporto fra pensioni ed occupati, solo parzialmente compensato nel lungo periodo dalla riduzione dell’importo medio di pensione conseguente alla minore capitalizzazione dei contributi».

 

 

Dal 2019 età di uscita a 67 anni

Anche se il dato non è ancora definitivo nell’ultimo rapporto la Rgs, utilizzando lo scenario demografico istat aggiornato al 2016, mette in conto dal 1° gennaio 2019 un aumento a 67 anni dell’età per la pensione di vecchiaia e di 43 anni e 3 mesi di contributi (42 anni e 3 mesi per le donne) per il conseguimento della pensione anticipata.

Dal 2021 l’età per la vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi dunque con un ulteriore innalzamento di tre mesi mentre – si legge nel documento – nel biennio 2023-2024 l’incremento risulterebbe meno ripido rispetto a quello preventivato nel 2011 e a quanto comunicato da Giorgio Alleva, Presidente dell’Istat, a luglio alla Camera: solo un mese e poi due mesi ogni biennio sino ad arrivare a 68 anni nel 2031.

 

 

Quello della speranza di vita è un meccanismo controverso ma antecedente alla Legge Fornero: fu introdotto, infatti, dal Governo Berlusconi con il decreto legge 78/2010 lo stesso, per intenderci, che abolì le ricongiunzioni gratuite verso l’AGO, innalzò l’età pensionabile delle donne del settore privato e introdusse le finestre mobili. L’adeguamento colpirà in particolare le lavoratrici del settore privato che già dal 1° gennaio 2018 vedranno scattare l’ultimo scalone previsto dalla Legge Fornero che aggancerà l’età pensionabile di vecchiaia a quella degli uomini.

 

A settembre nell’incontro tra Governo e Parti sindacali si dovrà fare il punto sulla possibilità di una revisione di questo meccanismo; l’esecutivo ha aperto ad un congelamento nei confronti almeno dei lavoratori addetti a mansioni gravose, categoria recentemente introdotta dall’ultima legge di bilancio che include 11 mestieri tra cui edili, infermieri, maestre dell’infanzia, operatori ecologici, eccetera che abbiano svolto tali attività per almeno sei anni negli ultimi sette prima del pensionamento. La parte sindacale preme, invece, per uno stop generalizzato cioè esteso nei confronti di tutti i lavoratori, una richiesta che quasi sicuramente sarà rigettata dal Governo.

 

 

La tavola sottostante, elaborata da PensioniOggi.it, mette a confronto le differenze tra i due scenari demografici Istat (2011 e 2016).
scenario-demografico-2016