cassa integrazione, SalvaguardiaE’ ora possibile rivalutare le retribuzioni pensionabili percepite negli ultimi 5 o 10 anni di lavoro per calcolare con precisione la quota A e la Quota B di una pensione avente decorrenza nell’anno 2016. L’Inps ha infatti aggiornato con il messaggio 1130/2016 i coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni, quei valori che consentono di determinare, la media delle retribuzioni pensionabili percepite ai fini del calcolo delle quota degli assegni che sono ancora soggette al sistema di calcolo retributivo.

 

Il calcolo retributivo, infatti, pur essendo stato definitivamente soppresso dal 1° gennaio 2012 continua ad essere utilizzato per determinare le quote dell’assegno riferite ai periodi precedenti cioè per quei lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. E si basa principalmente su due elementi. Il primo è quello del numero degli anni di contribuzione unito alla media delle retribuzioni lorde aggiornate e riferite all’ultimo periodo di attività.

 

L’ammontare della prestazione pensionistica è pari al 2% del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni di contributi si ha diritto al 50% della media degli ultimi stipendi, con 35 anni di contributi si ha diritto al 70% sino a raggiungere l’80% con 40 anni di contribuzione.

 

La rendita è costituita dalla somma di due distinte quote, la quota A e la quota B. La prima corrisponde all’importo relativo alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992; l’altra, la B, si riferisce alle anzianità acquisite dal 1° gennaio 1993 sino al 31 dicembre 2011 (per chi può vantare almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) oppure sino al 31 dicembre 1995 (per chi vanta meno di 18 anni di contributi alla predetta data). La base pensionabile della quota A è costituita dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza della pensione. La base pensionabile della quota B si determina invece dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni.

 

Tuttavia gli importi impiegati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati nella busta paga dal lavoratore ma sono quelli rivalutati tenendo conto dell’inflazione ed escludendo l’anno di decorrenza e quello immediatamente precedente. Per esempio, come si vede nella tavola seguente, uno stipendio di 30mila euro nel 2014 in pensione ne vale un pò di più quando deve essere riferito alla quota A o alla quota B di pensione. La discesa del tasso di inflazione, tuttavia, in questi ultimi anni ha compresso fortemente il potere di rivalutazione del suddetto meccanismo determinando un ulteriore impoverimento degli assegni.

 

Si ricorda che per le pensioni con de­correnza dal 2012, il calcolo della rendita deve tener conto, oltre alle due fette di pensione calcolata con il metodo retributivo, anche di una ulteriore quota (C), riferita all’anzianità acqui­sita successivamente al 31 dicembre 2011 per tutti co­loro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali avevano in precedenza be­neficiato del solo criterio retributivo.