In pensione prima, ma non per tutti. Nella legge di Bilancio viene specificato un altro importante paletto per chi vorrà accedere all’Ape, l’anticipo pensionistico introdotto dal governo: potrà accedervi chi ha almeno 730 euro di reddito lordo al mese. Se a scegliere questa strada è un dipendente pubblico dovrà affrontare un ostacolo in più: il Tfr, il trattamento di fine rapporto, non gli sarà dato subito ma solo al raggiungimento effettivo dell’età della pensione, cioè anche 3 anni e sette mesi dopo.
Una delle voci più costose del pacchetto pensioni è l’aumento delle pensioni di base, che vale 800 milioni di euro. Si estende a 1,25 milioni in più con assegno tra 1,5 e 2 volte il minimo, quindi tra 750 e 1000 euro circa, e si aumenta del 30% per coloro che hanno già il beneficio.
Al requisito dei 41 anni di contributi (che comporta un anticipo di 10 mesi per le donne e di un anno e dieci mesi per gli uomini rispetto alle attuali regole), vanno aggiunti gli adeguamenti alle aspettative di vita. I dipendenti pubblici che vanno in pensione anticipata con i 41 anni di contributi ricevono le indennità di fine servizio (TFS) nel momento in cui avrebbero maturato il diritto alla pensione con la regole pre-Riforma Fornero.
Le flessibilità in uscita previste, invece, sono diverse, tra le quali APE volontaria, APE social e RITA.
APE VOLONTARIA
Requisiti
Spetta ai dipendenti pubblici e privati e ai lavoratori autonomi con 63 anni d’età, quindi a 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia, e con 20 anni di contributi.
Cosa deve fare il dipendente
- Richiede la certificazione della pensione futura all’INPS, che fornirà informazioni su durata e ammontare dell’Ape e su banche e assicurazioni aderenti all’iniziativa.
- Sottoscrive online la proposta e la quantità prescelta dell’Ape e, dopo le opportune verifiche, gli viene accreditato in rate mensili l’importo erogato
APE SOCIALE
Requisiti
Spetta ai dipendenti pubblici e privati e ai lavoratori autonomi con 63 anni d’età, quindi a 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia, e con 30/36 anni di contributi: 30 per disoccupati, invalidi al 74% almeno o con parenti 1°grado con disabilità grave; 36 per i soggetti con lavori pesanti svolti in via continuativa per almeno 6 anni.
RITA
Requisiti
Spetta a tutti i lavoratori con più di 63 anni d’età e sono a 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia, e con 20 anni di contributi.
Si dà, pertanto, ai lavoratori la possibilità di utilizzare totalmente o parzialmente il capitale accumulato per ottenere una rendita mensile negli anni che mancano alla pensione di vecchiaia.
Inoltre, si chiuderà il 31 dicembre 2016 il prepensionamento dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dichiarati in soprannumero o in eccedenza all’esito a piani di riduzione delle piante organiche o da piani di ristrutturazioni. La misura contenuta nell’art. 2 del decreto legge n. 95/2012 prevede, infatti, l’obbligo per l’amministrazione, nei limiti del soprannumero, di procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti dichiarati in esubero che avrebbero maturato la decorrenza della pensione, secondo la normativa Ante-Fornero entro il 31 Dicembre 2016. Consentendo loro di accedere subito alla pensione in deroga alla normativa Vigente. Ne sono risultati, pertanto, coinvolti i lavoratori delle amministrazioni pubbliche che hanno raggiunto la vecchia pensione di anzianità (61 anni e 7 mesi e 36 di contributi oppure 62 anni e 7 mesi e 35 anni di contributi) entro il 30 Dicembre 2015 oppure i 40 anni di contributi entro il 30 Settembre 2015 o ancora 65 anni e 7 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi entro il 30 dicembre 2015.
La riduzione delle piante organiche
L’articolo 2 del decreto legge 95/2012, successivamente modificato dal decreto D’Alia (Dl 101/2013) ha disposto, infatti, la riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Normativa estesa poi dal decreto legge 101/2013 nei confronti di tutte le amministrazioni non statali che attuino riduzioni del personale e che abbiano dichiarato posizioni soprannumerarie o eccedentarie comprendendo, dunque, anche le autonomie locali, le regioni e le strutture del servizio sanitario nazionale diverse da quelle statali, dalle agenzie e dagli enti pubblici non economici. L’articolo 2, comma 6, del decreto legge 101/2013 ha, infine, disposto, con una norma di interpretazione autentica che l’amministrazione, nei limiti del soprannumero, deve procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti in possesso dei requisiti pensionistici sopra indicati.
Il canale di uscita riguarda, comunque, solo i casi di dichiarazione di soprannumerarietà o di eccedenza e non può mai essere utilizzato come strumento per eludere i nuovi requisiti della pensione di vecchiaia o anticipata, dettati dal Dl 201/2011. In altri termini non si tratta, quindi, di un diritto soggettivo del lavoratore, bensì di una scelta che opera l’Amministrazione nel contesto dei piani di razionalizzazione degli assetti organizzativi e di riduzione della spesa di personale. Per giungere al collocamento a riposo del dipendente pubblico la pubblica amministrazione deve, pertanto, dapprima procedere alla dichiarazione di soprannumero o eccedenza di personale segnalandola preventivamente al rappresentante sindacale del comparto. E fare certificare dall’Inps il possesso, da parte del lavoratore interessato, dei requisiti per il collocamento a riposo in deroga alla normativa vigente.
Slitta il pagamento della Buonuscita
Secondo la Funzione Pubblica sono stati circa 13mila i lavoratori che, nelle varie articolazioni delle Pubbliche amministrazioni, hanno fruito in questi quattro anni dell’agevolazione; si tratta soprattutto di ex lavoratori delle province coinvolti nel processo di riordino delle funzioni degli enti di Area Vasta all’indomani dell’approvazione della Legge Delrio. Anche se in molti in Parlamento premono per una proroga della disposizione di almeno uno o due anni. Da segnalare che i lavoratori coinvolti nel processo subiscono una penalità non indifferente nell’erogazione del trattamento di fine servizio: il termine di pagamento dell’indennità viene determinato infatti sulla base di quando sarebbe stato maturato il diritto alla pensione con le regole Fornero. In sostanza per vedere la prima rata della buonuscita si dovranno attendere diversi anni rispetto alla data di risoluzione del rapporto di lavoro.
Il decreto attuativo, previsto entro 60 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2017 (quindi, entro il 2 marzo), dovrà fornire tutti i chiarimenti necessari, con particolare riguardo a una serie di aspetti esplicitamente previsti dalle legge.