Via libera del Ministero del Lavoro al part-time per i lavoratori a cui mancano non più di 3 anni dalla pensione di vecchiaia. E’ stato firmato dal Ministro Poletti il provvedimento, previsto dall’articolo 1, comma 284 della legge 208/2015, che consentirà, in via sperimentale sino al 2018 ai lavoratori dipendenti del settore privato a tempo indeterminato, a seguito di un accordo con il datore di lavoro, di attivare su base volontaria il part-time con una riduzione dell’orario di lavoro tra il 40 ed il 60% dell’orario pieno. Il decreto è stato trasmesso ieri alla Corte dei Conti e diventerà operativo dopo la relativa registrazione.
Il datore, però, dovrà sobbarcarsi parte degli oneri e corrispondere in busta paga una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest’ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata). La somma verrà trattata in modo particolare dato che questo importo non concorrerà nè alla formazione del reddito da lavoro dipendente nè sarà assoggettato a contribuzione previdenziale. Lo stato, dal canto suo, provvederà al riconoscimento della copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta dal lavoratore.
In questo modo il dipendente potrà contare su una retribuzione con il part-time di poco inferiore ai due terzi della somma che avrebbe percepito con il lavoro pieno per gli anni che lo separano dalla quiescenza. Ad esempio un lavoratore che passasse al part-time al 50% partendo da uno stipendio base di 2mila euro vedrà corrispondersi in busta paga una quota aggiuntiva di circa 300 euro, completamente esentasse, che si aggiungerà allo stipendio ridotto per effetto del part-time. In totale il lavoratore potrebbe percepire 1.300 euro a fronte, però, del dimezzamento dell’orario di lavoro. Sino ad un massimo di tre anni. Inoltre, una volta arrivato alla pensione, questi riceverà comunque un assegno pensionistico come se avesse lavorato fino alla fine a tempo pieno. Senza penalizzazioni sulla pensione dovute ad un calo della contribuzione. Meno evidenti i vantaggi per il datore di lavoro che, pur dimezzando la retribuzione da pagare, dovrà corrispondere la quota contributiva nella misura piena aumentando in questo modo il costo del lavoro su base oraria. Un effetto che potrebbe rendere particolarmente difficile il decollo della misura.
Per accedere al beneficio, ricorda la nota del Ministero, il lavoratore interessato deve richiedere all’Inps, per via telematica se è in possesso del Pin, o rivolgendosi ad un patronato oppure recandosi presso uno sportello dell’Istituto, la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo e la maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Dopo il rilascio della certificazione da parte dell’Inps, il lavoratore ed il datore stipulano un ‘contratto di lavoro a tempo parziale agevolato‘ nel quale viene indicata la misura della riduzione di orario. La durata del contratto è pari al periodo che intercorre tra la data di accesso al beneficio e la data di maturazione, da parte del lavoratore, dell’età per il diritto alla pensione di vecchiaia. Dopo la stipula del contratto, il decreto prevede il rilascio, in cinque giorni, del nulla osta da parte della Direzione territoriale del lavoro e, da ultimo, il rilascio in cinque giorni dell’autorizzazione conclusiva da parte dell’Inps.