Le regole riguardanti la parità di genere nelle giunte dei piccoli comuni attraverso alcune pronunce giuridiche emanate nel corso degli anni. Scopriamone di più.


La parità di genere nelle giunte comunali si riferisce al principio secondo il quale entrambi i generi, maschile e femminile, devono essere rappresentati in modo equilibrato all’interno degli organi decisionali del comune. Questo principio mira a garantire che le decisioni politiche e amministrative siano prese in modo inclusivo, riflettendo le diverse prospettive e esperienze dei membri di entrambi i sessi.

Nel contesto delle giunte comunali, la parità di genere implica che il numero di uomini e donne che compongono la giunta non dovrebbe discostarsi significativamente l’uno dall’altro. Spesso, le leggi nazionali o regionali stabiliscono percentuali minime o parametri specifici che le giunte devono rispettare per garantire questa rappresentanza equilibrata.

L’obiettivo della parità di genere non è solo quello di rispecchiare la composizione demografica della popolazione, ma anche di promuovere una partecipazione più equa e inclusiva delle donne nelle decisioni pubbliche e politiche locali. Questo principio è sostenuto da normative nazionali e internazionali che mirano a eliminare le disparità di genere e promuovere l’uguaglianza nelle istituzioni pubbliche.

Parità di genere nelle giunte anche nei piccoli comuni

Scopriamo dunque adesso, attraverso alcune esemplificative pronuncie giuridiche, quali possono essere alcuni dei principi base per applicare al meglio le regole in materia.

Il parere del DAIT del 20 novembre 2019: l’impossibilità di garantire la parità va adeguatamente provata

Secondo il parere del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del ministero dell’Interno del 20 novembre 2019, è fondamentale provare in modo adeguato l’impossibilità di garantire la rappresentanza equilibrata dei generi nella giunta comunale.

Una questione controversa, in questo caso riguarda la possibilità della Sindaca di derogare alla parità di genere, specialmente quando non riesce a individuare un ulteriore componente maschile all’interno della maggioranza consiliare. Nonostante lo Statuto preveda la nomina di assessori esterni al Consiglio comunale, la Sindaca ha scelto di non avvalersene, complicando il raggiungimento dell’equilibrio di genere.

Secondo il comma 137 dell’art.1 della legge n.56/14, nei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico. Tuttavia, per i comuni più piccoli, la legge prevede che gli Statuti locali stabiliscano norme per garantire condizioni di pari opportunità tra uomo e donna nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi.

Il Consiglio di Stato e la giurisprudenza amministrativa hanno chiarito che l’impossibilità di rispettare il principio di parità di genere deve essere dimostrata in modo adeguato. È essenziale condurre un’istruttoria preliminare per verificare la disponibilità di personalità idonee di entrambi i sessi e motivare in modo dettagliato eventuali eccezioni alla normativa vigente.

Il parere del DAIT del 9 giugno 2023: le disposizioni non sono solo precettive, ma sono vincolanti

Il parere del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali (DAIT) del 9 giugno 2023 riguarda la questione della parità di genere nelle giunte dei comuni con una popolazione inferiore a 3.000 abitanti. Questo parere chiarisce che le disposizioni sulla parità di genere non hanno solo un valore programmatico, ma hanno carattere precettivo, ovvero sono vincolanti e devono essere rispettate.

Nello specifico, il parere sottolinea che la nomina degli assessori, rispettando il principio di parità di genere, non può essere elusa anche nei comuni più piccoli. Se un comune non riesce a garantire la presenza di entrambi i sessi nella giunta comunale, deve essere in grado di dimostrare adeguatamente le ragioni di questa impossibilità. Ciò implica che il sindaco deve condurre un’istruttoria preliminare accurata per verificare la disponibilità di persone di entrambi i sessi all’interno del bacino territoriale o della società civile, e motivare in modo chiaro e dettagliato le eventuali deroghe alla normativa sulla parità di genere.

Questo parere si basa sul principio costituzionale di promozione delle pari opportunità tra uomini e donne, sottolineando l’importanza di applicare questo principio anche a livello locale. Inoltre, fa riferimento a precedenti pronunce della giurisprudenza amministrativa che hanno chiarito l’obbligo di condurre una istruttoria adeguata per assicurare la rappresentanza equilibrata dei generi nelle giunte comunali.

La sentenza numero 62/2022 della Corte Costituzionale

Infine la sentenza numero 62/2022 della Corte Costituzionale riguarda il principio di uguaglianza sostanziale tra uomini e donne, specificamente con riferimento alla normativa nazionale elettorale applicabile ai comuni, in particolare quelli con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni normative che non prevedevano sanzioni per le liste elettorali che non rispettavano la rappresentanza equilibrata di entrambi i sessi nei comuni con meno di 5.000 abitanti. Questa decisione ha sottolineato che la presenza di candidati di entrambi i sessi nelle liste elettorali costituisce una garanzia minima delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive, anche a livello locale.

Nella sentenza, la Corte ha riconosciuto la dignità costituzionale del principio di promozione delle pari opportunità tra uomini e donne, sottolineando che l’obbligo di garantire una rappresentanza equilibrata dei generi nei comuni di piccole dimensioni non può essere ignorato. Inoltre, ha indicato che la normativa elettorale deve prevedere sanzioni o rimedi per le liste elettorali che non rispettano le quote minime di genere, al fine di assicurare l’effettiva applicazione di questo principio anche nei contesti locali più piccoli.