parere-consiglio-di-stato-dpr-piaoDisponibile il parere del Consiglio di Stato sullo schema di dPR in materia di PIAO: ci sono tutte le premesse per incappare nel paventato rischio del cd. layer of bureaucracy.


A seguito dell’apposita Adunanza dell’8 febbraio e del 17 febbraio 2022, la Sezione Consultiva del Consiglio di Stato ha rilasciato il relativo parere (n. 506) sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai Piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113”, il quale, benché espresso in termini meramente classificatori quale parere favorevole, par al contrario – nella sostanza – decretarne una sonora “bocciatura”.

Il Piao e i suoi contenuti

Come noto, l’art. 6 del d.l. n. 80/2021, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 113 del 6 agosto scorso, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia” introduce, al comma 1, ilPiano integrato di attività e organizzazione” – cd. Piao quale “misura di semplificazione rivolta alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 con più di cinquanta dipendenti, con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative”.

I contenuti del Piao sono precisati dal comma 2 dell’art. 6 del d.l. n. 80/2021, e lo stesso articolo prevede, al comma 5, che entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto (termine prorogato al 31 marzo 2022 dall’art.1, comma 12, lett. a), sub.1, del d.l. 30 dicembre 2021, n.228, “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”), con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, emanati ai sensi dell’art. 17, comma 2, della l. 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, siano “individuati e abrogati gli adempimenti relativi ai piani assorbiti” dal Piano integrato di attività e organizzazione.

In esso, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione, si prevede “di assorbire, razionalizzandone la disciplina in un’ottica di massima semplificazione, molti degli atti di pianificazione cui sono tenute le amministrazioni (ad esempio, il piano triennale dei fabbisogni, il piano della performance, il piano di prevenzione della corruzione ed il piano organizzativo del lavoro agile), racchiudendoli in un unico atto”.

La reale capacità del Piao e il d.P.R. in esame

Prescindendo dalle criticità di carattere tecnico-giuridico evidenziate dalla Sezione Consultiva, da un lato in ordine al meccanismo di delegificazione messo in campo dal decreto ai fini del perseguimento della finalità di disporre abrogazioni (con riguardo al quale si è sottolineata la non corrispondenza delle relative modalità al modello originario, attesa l’omessa indicazione da parte della norma di delegificazione delle disposizioni legislative da abrogare, compito – quest’ultimo – irritualmente demandato al Regolamento, per di più attraverso l’improprio riferimento all’abrogazione di “adempimenti”, e non di norme), e dall’altro circa la natura ambivalente dello schema di decreto ministeriale elaborato per l’adozione del Piano (Piao) Tipo cui, ai sensi del comma 6 del medesimo art. 6 del d.l. n. 80/2021, è affidata la pars costruens del disegno di delegificazione per la semplificazione (da considerarsi – a dir del Consiglio di Stato – “a tutti gli effetti come un regolamento”, e pertanto da trasmettersi allo stesso per l’acquisizione del relativo parere), val la pena soffermare l’attenzione sulla reale capacità del Piao, e con essa dello stesso regolamento che ne predispone le condizioni normative, di affermarsi come strumento di semplificazione.

Al d.P.R. in esame è invero consegnato il compito funzionale alla creazione delle condizioni normative affinché il Piao possa operare come effettivo strumento di semplificazione per l’azione e per l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, sì da farne una misura atta a consentire l’adeguamento degli apparati amministrativi alle esigenze di attuazione del PNRR, ovvero, come recita l’incipit dell’art. 6 del decreto-legge n. 80 del 2021, “assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese”, senza tralasciare il fatto che lo schema di d.P.R. in questione è esso stesso una delle misure di riforma del PNRR, nell’ambito della Milestone M1C1-56 Riforma 1.9 – Riforma della pubblica amministrazione, da realizzarsi entro il 30 giugno 2022.

Proprio in merito alla scelta di ricorrere a un modello di delegificazione affidato a un sistema fatto di sole abrogazioni espresse e di modifiche legislative integrato da un decreto ministeriale al quale è consegnata l’identificazione in positivo del contesto anche normativo con il quale si confronteranno le Amministrazioni, già la lettura del solo schema di regolamento ha consentito alla Sezione Consultiva di cogliere che il lavoro di abrogazione risulti piuttosto “conservativo”, laddove la legge sembra consentire (e forse imporre) una “costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi”, ritenendo peraltro che tale opera di drastica riduzione degli adempimenti non appaia compiutamente attuata dal d.P.R. in esame, il quale – si afferma – sembra limitarsi ad “abrogare quanto appare chiaramente inutile”, mentre invece la logica dovrebbe essere quella – inversa – di “conservare soltanto ciò che è davvero indispensabile” per migliorare il servizio per i cittadini e le imprese.

Le ricadute delle abrogazioni disposte dal nuovo schema di decreto

Più nello specifico, spostando l’attenzione sull’esame delle abrogazioni specificamente disposte dallo schema di decreto, si rileva che le loro ricadute non sono uniformi per tutti i piani dei quali si prevede l’assorbimento nel Piao, né per tutti i contesti legislativi di rispettivo riferimento, né per tutte le amministrazioni pubbliche.

Solo alcuni piani costituiscono, invero, oggetto di abrogazioni espresse e, in taluni casi, di modifiche soppressive che hanno l’effetto di produrre la caducazione dell’intera disciplina di rango primario che li prevedeva e li disciplinava; trattasi nello specifico:

  • del Piano organizzativo per il lavoro agile (cd. Pola), introdotto come sezione del Piano della performance dall’art. 14, comma 1, della l. 7 agosto 2015, n.124, oggetto di abrogazione espressa ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. e) dello schema di regolamento;
  • del Piano delle azioni positive (cd. Pap) di cui all’art. 48, comma 1, del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, soppresso in via di modifica dall’art.2, comma 2, lett. a) dello schema di regolamento. Per esso, l’art. 2, comma 2, lett. c) dello schema di regolamento fa venir meno, in via di modifica soppressiva, anche la sanzione che prevedeva il divieto di assumere personale in caso di mancato adempimento (al riguardo non può non rilevarsi la in realtà ridotta ricaduta applicativa del pur opportuno venir meno della sanzione de qua, ove si abbia riguardo alla marginale rilevanza statistica dei casi di impossibilità di assunzioni dovuti all’eventuale inadempimento in questione).

Per altri piani, invece, le abrogazioni e le modifiche disposte dallo schema di regolamento di cui trattasi non sono considerate altrettanto esaustive, osservandosi che le stesse lascino residuare porzioni di disciplina primaria o riferimenti ad essi da parte di altre norme legislative, in relazione alle quali si sottolinea l’opportunità di completamenti e chiarimenti al fine di scongiurare il paradossale rischio di una complicazione (all’opposto dell’auspicata semplificazione!) del riconoscimento del quadro normativo di riferimento per le pubbliche amministrazioni assoggettate al Piao, salvi gli ulteriori adeguamenti e coordinamenti resi necessari dalle indicazioni fornite dal decreto ministeriale di adozione del Piano tipo.

Il parere del Consiglio di stato sullo schema di DPR in materia di PIAO

In particolare, il Consiglio di Stato, raccomandando un approfondimento del lavoro di abrogazione per ciascuno degli altri piani, evidenzia che:

  • nonostante il Piano triennale delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni (il cd. “piano delle azioni concrete”), previsto dall’art. 1, comma 1, della l. 19 giugno 2019, n. 56 e da questo inserito come art. 60-bis, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, sia oggetto di abrogazione espressa ad opera dell’art.1, comma 1, lett. b) dello schema di regolamento, residua, tuttavia la necessità di meglio esplicitare quale sorte abbiano, per le pubbliche amministrazioni sottoposte al Piao, le altre previsioni dell’art. 60-bis, concernenti l’istituzione e le attribuzioni del Nucleo della Concretezza, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica (in questo senso, anche la proposta formulata da Anci, ai fini dell’Intesa espressa il 9 febbraio 2022 sullo schema di d.P.R.);
  • con riguardo al Piano esecutivo di gestione (cd. Peg), di cui all’art. 169, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’art.1, comma 1, lett. a), dello schema di regolamento si limita a disporre l’abrogazione espressa del solo ultimo periodo del comma 3-bis, laddove si prevede che in esso siano unificati il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’art.108, comma 1 del d.lgs. n. 267/2000 e il piano della performance, sottolineandosi l’opportunità, rappresentata anche da Anci, di una riformulazione dell’art. 1, comma 1, lett. a) dello schema di regolamento che meglio espliciti la sorte del Peg, anche in ragione – par doveroso osservare – della relativa sottaciuta valenza di strumento di pianificazione/gestione finanziaria.
  • con riferimento al Piano di prevenzione della corruzione (cd. Ptcp) lo schema di regolamento si limita disporre l’abrogazione di taluni obblighi di trasmissione e/o pubblicazione, restando da chiarire i raccordi sostanziali tra quella che diventerà la sottosezione “rischi corruttivi e trasparenza” della sezione “Valore pubblico, performance e anticorruzione”, e la normativa anticorruzione, indicata espressamente dall’art. 6 della l. n. 113 del 2021 tra le discipline di settore nel cui rispetto dovrà essere adottato il Piao. Anche con riferimento al piano triennale di prevenzione della corruzione si rileva che residuano comunque disposizioni che nell’operarvi rinvii meritano di essere meglio raccordate con quella che sarà la nuova configurazione e denominazione del piano o della sezione.

La Sezione Consultiva non manca di rilevare incongruenze neppure in ordine agli interventi relativi agli altri due piani aventi – a parer di chi scrive – un più spiccato e diretto carattere strumentale all’auspicato rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (il piano dei fabbisogni ed il piano della performance).

Il piano dei fabbisogni

In particolare, con riguardo al piano dei fabbisogni, l’abrogazione espressa disposta dallo schema di regolamento ha ad oggetto le sole previsioni di cui all’art. 6, commi 1, 4 e 6 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, concernenti le sue modalità di approvazione, mentre sopravvivono le disposizioni dedicate ai suoi contenuti (che, come agevolmente intuibile, dovrebbe al contrario costituire il fulcro dell’intervento di delegificazione). In proposito, viene sottolineata l’esigenza di chiarire se e fino a che punto detto piano conserverà, non solo il nomen, ma anche la struttura che lo ha ad oggi connotato, rilevandosi come l’unica innovazione disposta sia solo quella della sua collocazione all’interno del Piao, di certo non in grado di far fronte all’esigenza connessa all’attuazione del PNRR di una declinazione compiuta che contempli – si osserva – la quantità e la qualificazione delle risorse umane necessarie allo scopo, il tutto reso ancor più vago dalla non univoca specificazione (“ove possibile”) di cui risulta corredato il carente riferimento al piano dei fabbisogni .

Non può peraltro sul punto non osservarsi come non siano di certo le modalità di approvazione del piano de quo ad aver impedito e/o ostacolato il reclutamento delle necessarie professionalità da parte delle pubbliche amministrazioni, bensì il complesso quadro di vincoli giuridici, contrattuali e finanziari imposti in materia che non hanno visto allentare la loro morsa neppur con il superamento della cd. logica del turn over soppiantato dall’altrettanto rigido criterio della sostenibilità finanziaria cui deve oggi farsi riferimento per la definizione delle proprie politiche assunzionali.

Il piano della perfomance

Circa poi il Piano della Performance, di cui all’art.10 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, viene subito posto in evidenza che quest’ultimo rientra chiaramente fra le discipline di settore che l’art. 6 della l. n. 113 del 2021 vuole siano rispettate dal Piao.

Nondimeno, l’abrogazione del solo comma 1, lett. a), e comma 1-ter, prevista dallo schema di regolamento, ha certamente la capacità di chiarine il passaggio a sottosezione del Piao, senza tuttavia nulla disporre in merito alla sorte dell’art. 16 del d.lgs. 150 del 2009, ove si prevede che per l’attuazione delle disposizioni in materia di ottimizzazione della produttività delle pubbliche amministrazioni, fra le quali quelle relative al Piano della performance, quanto agli enti territoriali e alle amministrazioni del servizio sanitario nazionale, si proceda tramite accordo da sottoscrivere in sede di Conferenza Unificata, disposizione quest’ultima – collocata al di fuori del Capo II del d.lgs. n.150 del 2009 – rispetto alla quale viene ravvisata l’esigenza di chiarire se questo strumento di flessibilità di portata procedimentale continui o meno a sopravvivere.

Più in generale, tenendo conto degli svariati riferimenti al Piano della performance contenuti in molteplici norme primarie, la Sezione Consultiva suggerisce di utilizzare una clausola di chiusura con la quale prevedere che, per le amministrazioni soggette al Piao, tutti i riferimenti operati da norme di legge al Piano della performance debbano intendersi come riferimenti alla corrispondente sottosezione del Piao.

I suggerimenti del Consiglio di Stato

Sempre sul fronte delle questioni che si pongono sul piano sistematico e giuridico, in relazione alla complessità del suddetto quadro dei piani confluiti nel Piao e, conseguentemente, alla difficoltà di definire compiutamente tutto il quadro abrogativo (che pure, nel disegno della legge, sarebbe il compito precipuo del regolamento di delegificazione), da ultimo la Sezione ritiene altresì di formulare taluni suggerimenti, ed in particolare quello:

  • di inserire espressamente una disposizione che preluda, in prospettiva futura, a successive e più incisive abrogazioni esplicite, che non si limitino ad abrogare le norme incompatibili ma verifichino, nel tempo, con un’apposita azione di monitoraggio l’effettiva utilità delle norme rimaste in vigore, conservando, in prospettiva, solo quelle davvero indispensabili;
  •  di considerare utile in questo caso (eccezionalmente, e solo in considerazione della particolarità della fattispecie) il ricorso anche a clausole generali, abrogative delle disposizioni incompatibili con il presente decreto;
  • di prevedere espressamente, nel d.P.R. in esame, con una norma ad hoc, il monitoraggio periodico della completezza ed efficacia del quadro abrogativo e della eventuale necessità di esplicitare, dopo un certo periodo di funzionamento, nuove abrogazioni.

La Sezione Consultiva del Consiglio di Stato si occupa poi anche degli aspetti sostanziali e operativi dell’intervento in argomento, per valutare al meglio come perseguirne l’utilità “nella pratica”, tenendo conto della sfida operativa costituita dalla capacità del Piao di affermarsi come strumento di effettiva semplificazione.

Un ulteriore “layer of bureaucracy

In proposito si pone in evidenza che il Piao non deve costituire ciò che nella pratica internazionale viene definito un ulteriore “layer of bureaucracy”, ovvero un adempimento formale aggiuntivo entro il quale i precedenti piani vanno semplicemente a giustapporsi, mantenendo sostanzialmente intatte, salvo qualche piccola riduzione, le diverse modalità di redazione (compresa la separazione tra i diversi responsabili) e sovrapponendo l’ulteriore onere – layer, appunto – di ricomporli nel più generale Piao.

Al contrario – si osserva – nella ratio dell’art. 6 il Piao sembra dover costituire uno strumento unitario, “integrato”, che sostituisce i piani del passato e li “metabolizza” in uno strumento nuovo e omnicomprensivo, che consenta un’analisi a 360 gradi dell’Amministrazione e di tutti i suoi obiettivi da pianificare. In altri termini, a dir della Sezione, il Piao dovrebbe porsi nei confronti dei piani preesistenti come uno “strumento di riconfigurazione e integrazione (necessariamente progressiva e graduale)”, sia per realizzare in concreto gli obiettivi per i quali è stato concepito dal comma 1 (ovvero “assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa”, “migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese”, “procedere alla costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi”), sia per recepire in pratica i contenuti indicati dalle direttrici di riforma del comma 2.

Anche su questo fronte la Sezione Consultiva si premura di fornire suggerimenti.

In primo luogo, anche in ragione della “eterogeneità intrinseca” al Piao, la Sezione ritiene di dover suggerire sin da subito:

  • da un lato, di disporre un monitoraggio ad hoc, da prevedere contestualmente sia sul processo abrogativo sia con un focus sul funzionamento operativo, al fine di accompagnare la “contestualizzazione” unica sul piano formale dei piani ora vigenti con una effettiva integrazione e “metabolizzazione” tramite la progressiva ricerca, sul piano sostanziale, di sinergie, analogie, individuazione e – soprattutto – eliminazione di duplicazioni tra un piano e l’altro e soppressione delle formalità inutili;
  • di rendere più esplicito, in sede di decreto ministeriale concernente la definizione del contenuto del Piao, il processo formativo/riqualificativo necessario, in punto di “fattibilità” della riforma, per una effettiva adozione del Piao nelle prassi degli uffici pubblici.

Entrambe queste azioni indispensabili dovranno essere condotte – si osserva – avendo come priorità assoluta il servizio reso “all’esterno” della P.A., ciò che è al di fuori della P.A., ovvero i cittadini e le imprese.

La vera sfida che il Piao deve affrontare (e vincere)

In tale ottica, in ultima analisi, la vera sfida che il Piao deve affrontare (e vincere) viene individuata nell’attuazione della “costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi” voluta dal legislatore, e inserita nel PNRR, passando progressivamente da una fase in cui si elimina “ciò che è chiaramente inutile”, a una fase in cui si elimina tutto “ciò che non è strettamente indispensabile”, conservando appunto solo gli adempimenti utili “verso l’esterno”, necessari per rendere migliore il servizio per i cittadini e le imprese.

L’assolvimento degli sfidanti compiti che le Amministrazioni sono chiamate a realizzare suppone la disponibilità di un “capitale umano” (rectius di personale), di competenze e di ambienti anche organizzativi che la stessa l. n. 131 del 2021 prevede debbano essere attrezzati all’interno e in esito ad altri processi di riforma i cui tempi non coincidono con quelli previsti per l’adozione del Piao.

Proprio l’investimento nel suggerito percorso di formazione del personale deve tuttavia fare i conti con la “clausola di stile” di cui all’art. 6, comma 8, della l. n. 113 del 2021, ove si prevede che il tutto debba realizzarsi «con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

La Sezione rimarca la condivisibile necessità di programmare – sin dall’emanazione del d.P.R. e dall’adozione del decreto ministeriale – attività specifiche di formazione adeguata di personale «per introdurre una cultura “nuova” della programmazione, che possa far evolvere quella di chi oggi redige i singoli piani (rectius, sottopiani del Piao) con un approccio che appare prevalentemente formalistico e non result oriented».

Ulteriori conclusioni

Non può nondimeno non evidenziarsi come – con riferimento al sistema delle Autonomie locali – la pur puntuale disamina condotta dalla Sezione Consultiva ometta di tenere nella debita considerazione il ruolo spiegato dalla compagine amministrativa con riguardo agli atti lato sensu di pianificazione e/o programmazione, di cui, nel rispetto del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestionali, sono pur sempre i soggetti deputati alla relativa formale approvazione, e pertanto chiamati in tale sede quanto meno ad un vaglio di conformità degli stessi al relativo indirizzo politico, di talché – si ritiene – l’auspicata introduzione di una cultura “nuova” della programmazione non può non coinvolgere gli amministratori locali, atteso il rapporto osmotico alla base della genesi di tali atti.

Al netto delle ulteriori “aporie” scaturenti dal complesso delle abrogazioni e delle modifiche legislative previste dallo schema di regolamento in esame che secondo la Sezione Consultiva interessano l’ambito soggettivo di applicazione del nuovo strumento, accompagnantesi alle incertezze in merito alla sorte dei diversi strumenti di programmazione e di pianificazione, specie con riguardo alle amministrazioni non assoggettate al Piao, alimentate dall’improprio riferimento legislativo alla “abrogazioni di adempimenti” (anziché di norme legislative), non può infine non darsi conto, oltre che della doppia condizione cui il Consiglio di Stato ancora il proprio parere favorevole (consistenti, da un lato, nella riformulazione dello schema di decreto, nonché nella relativa integrazione, di natura normativa, con il decreto ministeriale  per l’adozione del Piao Tipo), della notazione finale formulata dal Consiglio in ordine alla struttura di Piao configurato dal testo del decreto ministeriale inviatogli per conoscenza, il quale – afferma – «sembra concentrarsi sulla aggregazione degli strumenti vigenti (conservandone, probabilmente, più del necessario), ma non sembra invece considerare le esigenze nuove che possono porsi per l’amministrazione del futuro: in primis, ad esempio, quella di identificare in concreto gli adempimenti imposti dal PNRR e di pianificare operativamente, amministrazione per amministrazione, la loro esecuzione», con ciò prefigurandosi il rischio – tutt’altro che velleitario e poco realistico – di incappare proprio nell’ulteriore “layer of bureaucracy” nelle intenzioni da scongiurarsi, in spregio alla decantata integrazione e “metabolizzazione” dei piani preesistenti nell’ottica della seppur progressiva e  graduale valorizzazione “verso l’esterno”.

Il testo completo del parere del Consiglio di Stato

A questo link il testo completo del parere.

 


Fonte: articolo dell' Avv. Giuseppe Vinciguerra - Segretario Generale Comune di Aragona