Governo pronto ad intervenire sull’articolo 18 per il pubblico impiego. Lo afferma il Ministro Madia indicando che nella riforma della pubblica amministrazione verrà sanata la questione relativa all’applicabilità dell’articolo 18 agli statali. La presa di posizione ufficiale arriva dopo la decisione della Corte di Cassazione che ieri, con la sentenza 24157/2015, ha fissato un principio sino ad ora piuttosto controverso, cioè la possibilità di estendere l’applicazione delle tutele contro i licenziamenti illegittimi al settore pubblico.
I giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (legge 300/1970) si applica in automatico anche al pubblico impiego “contrattualizzato”, cioè a tutti i dipendenti statali e locali tranne professori, magistrati e militari, dato lo stretto parallelismo con il lavoro privato previsto dal Testo unico del pubblico impiego. La precisazione non è da poco perchè si porta con sé anche il meccanismo delle «tutele crescenti» introdotto nel marzo del 2015, di cui la Cassazione non parla perché chiamata a pronunciarsi su una vicenda di tre anni prima. Con la possibilità pertanto di poter licenziare un dipendente pubblico in modo “illegittimo” pagando soltanto un indennizzo commisurato alla durata del rapporto di lavoro, entro un tetto di 24 mensilità di stipendio.
Prima della decisione della Corte il Governo aveva sempre ritenuto che l’estensione del contratto a tutele crescenti fosse esclusa in quanto destinata ai soli lavoratori del settore privato. Una ipotesi tuttavia che non trova un adeguato fondamento giuridico posto che, quando parla del «campo di applicazione», il decreto legislativo 23/2015 che, per l’appunto, ha riformato l’articolo 18 non fa il minimo cenno a una distinzione fra lavoro pubblico e privato.
La Cassazione, quindi, ha riaperto di fatto la questione, imponendo al Governo la necessità di intervenire con una norma ad hoc in occasione della riforma della pa che limiti espressamente l’estensione dell’articolo 18 nel pubblico impiego.