Una recente pronuncia della Cassazione riguarda i casi in cui sussiste l’esclusione del diritto al TFR per i dipendenti del comparto del pubblico impiego, in caso di mobilità: ecco i dettagli.
La recente sentenza 13596/2024 della Corte riguarda la questione della percezione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) da parte di un dipendente pubblico coinvolto in un processo di mobilità tra enti pubblici. Il caso ha suscitato un dibattito intorno alla continuità del rapporto di lavoro e al diritto del dipendente di ricevere il TFR.
Secondo quanto emerso dal provvedimento giudiziario, il dipendente in questione, originariamente assunto presso il C.I.S.I. (Consorzio Intercomunale Servizi Igienico-Sanitari), ha proseguito il proprio impiego alla Regione Campania senza interruzioni formali del rapporto di lavoro. Questo trasferimento è avvenuto nel quadro della mobilità disciplinata dall’articolo 30 del Decreto Legislativo 165/2001, che regola le procedure di trasferimento del personale pubblico tra diversi enti.
Che cos’è il TFR?
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una prestazione economica a cui hanno diritto i lavoratori subordinati al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalle cause della cessazione (ad esempio, licenziamento, dimissioni, pensionamento). Il TFR è disciplinato dall’articolo 2120 del Codice Civile italiano e rappresenta una sorta di riserva finanziaria accumulata nel corso dell’attività lavorativa del dipendente.
L’ammontare del TFR è calcolato in base alla retribuzione percepita e alla durata del rapporto di lavoro. Alla fine del rapporto di lavoro, il TFR viene erogato al lavoratore sotto forma di somma di denaro o, in alcuni casi, convertito in strumenti finanziari come il Fondo Pensione.
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Il caso esaminato
La controversia riguardava il diritto del dipendente pubblico di percepire il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) al momento della cessazione del rapporto con l’ente pubblico economico, rispetto alla conclusione del rapporto con la Regione Campania, dove il dipendente era stato trasferito successivamente.
Il dipendente aveva sostenuto che il TFR avrebbe dovuto essere erogato al momento della cessazione del rapporto con il C.I.S.I., poiché questo ente seguiva la disciplina privatistica per i rapporti di lavoro. Secondo lui, l’inizio di un nuovo rapporto di lavoro con la Regione Campania non avrebbe dovuto influenzare il diritto al TFR presso il C.I.S.I.
Dall’altro lato, la Corte d’Appello ha respinto questa interpretazione, argomentando che il rapporto di lavoro del dipendente è continuato senza interruzioni significative durante il trasferimento alla Regione Campania. Questo è stato supportato dalla documentazione presentata durante il processo, che includeva contratti e comunicazioni ufficiali, confermando che non vi era stata una cessazione formale del primo rapporto di lavoro al momento del trasferimento.
Esclusione del diritto al TFR nel pubblico impiego: il parere della Cassazione
Di conseguenza, la Corte ha concluso che il dipendente non aveva maturato il diritto al TFR al momento in cui aveva presupposto la cessazione del rapporto poiché il rapporto di lavoro era continuato con un altro ente. Pertanto, il diritto al TFR, secondo la Corte, sarebbe dovuto maturare solo al termine effettivo del secondo rapporto di lavoro e non al momento della presunta cessazione con il primo ente.
Pertanto la Corte ha respinto il ricorso principale del dipendente, dichiarandolo inammissibile, e ha ordinato al ricorrente di coprire le spese processuali in favore del C.I.S.I. in liquidazione. Questa decisione sottolinea l’importanza di una chiara interpretazione delle normative relative al TFR nei casi di mobilità nel settore pubblico, stabilendo che il diritto al TFR dipende dalla continuità effettiva del rapporto di lavoro con l’ente datore di lavoro.
Il testo della sentenza
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it