Attenuato il divieto assoluto di utilizzo degli impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori. Il loro utilizzo in azienda, infatti, non sarà più vietato di principio, ma consentito limitatamente in tre ipotesi: esigenze organizzative o produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale.
Lo prevede il dlgs approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri di attuazione della delega del Jobs Act (la legge n. 183/2014) sulla semplificazione degli adempimenti di lavoro lo scorso 4 settembre, mediante la completa riscrittura dell’art. 4 della legge n. 300/1970 (Statuto lavoratori). Il Governo ha inoltre previsto uno specifico regime sanzionatorio con l’ammenda da 154 a 1.549 euro e/o l’arresto da 15 giorni a un anno.
Dopo il Jobs Act, in linea di principio, un divieto resterà: quello, cioè, di poter far «uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti che abbiano quale finalità esclusiva il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori». Rispetto alla vigente norma, il nuovo dettato dell’art. 4 ha di più quell’«esclusiva»: pertanto, il divieto è ridimensionato all’unica ipotesi in cui l’utilizzo degli impianti abbia il fine «esclusivo» di controllare l’attività dei lavoratori. Un’ipotesi piuttosto remota.
L’installazione di tali apparecchiature potrà avvenire: 1) previo specifico accordo collettivo stipulato con la Rsu o le Rsa; ovvero, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province o regioni, con le associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; 2) in mancanza di accordo sindacale, previa autorizzazione della direzione territoriale del lavoro; ovvero, nel caso di imprese con unità produttive dislocate in diversi ambiti di competenza di più direzioni territoriali del lavoro, del ministero del lavoro.
Non c’è divieto o particolari formalità autorizzative, invece, nel caso l’utilizzo di determinate apparecchiature come smartphones, tablet, badge (da cui possa derivare un controllo dell’attività dei lavoratori) sia necessario all’attività lavorativa stessa (esigenze organizzative o produttive) o per la sicurezza del lavoro o ancora per la tutela del patrimonio aziendale. In base alla nuova formulazione, dunque, l’utilizzo di questi impianti e apparecchiature, i cd. strumenti da lavoro, sarà sempre possibile quando dettata da specifiche esigenze.
In entrambi i casi i dati e le informazioni raccolte potranno essere utilizzate per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, quindi anche per provvedimenti di natura disciplinare purchè sia seguita una particolare procedura. Il decreto prevede infatti che le informazioni raccolte attraverso questi impianti e strumenti siano utilizzabili a patto che sia stata data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal dlgs n. 196/2003, sulla tutela della privacy. La norma, in sostanza, elimina il filtro del controllo sindacale o dell’autorizzazione ministeriale sugli strumenti di lavoro. Quindi mentre prima del Jobs Act il lavoratore godeva di un doppio regime di tutela: quello collettivo/amministrativo (vecchio articolo 4 dello Statuto dei lavoratori) e quello individuale (codice privacy), ora resta solo quest’ultimo livello di tutela.