In una recente sentenza, il Consiglio di Stato ha ribadito l’importanza di tutelare l’autonomia tecnica dei dirigenti pubblici, affermando che esiste un limite al potere e alle funzioni dei segretari comunali: scopriamone di più.
Il caso in questione ha visto il segretario generale di un ente intervenire al posto dell’ufficio competente, adottando un provvedimento per contrastare un intervento edilizio non conforme alla normativa urbanistica vigente.
Il ricorrente ha contestato questa decisione, chiedendo la revisione della sentenza, argomentando contro l’annullamento in autotutela dell’accertamento di compatibilità paesaggistica e dell’autorizzazione ambientale.
E a questo punto la questione è arrivata di fronte ai giudici amministrativi: la sentenza del Consiglio di Stato riafferma la necessità di rispettare l’autonomia tecnica dei dirigenti e di limitare l’intervento dei segretari generali, garantendo così un funzionamento più efficiente e legittimo della pubblica amministrazione.
Il Consiglio di Stato limita il potere dei segretari comunali
I giudici hanno sottolineato che, sebbene il ruolo del segretario generale si sia evoluto da funzioni di mera certificazione e verbalizzazione a compiti più complessi di controllo di legittimità e attuazione degli indirizzi politico-amministrativi, ciò non implica una competenza generale su tutte le attività gestionali dell’ente.
Secondo il Consiglio di Stato, una competenza generalizzata del segretario generale nelle attività gestionali creerebbe un conflitto con l’autonomia dei dirigenti e ostacolerebbe il corretto funzionamento della struttura burocratica. Il segretario generale può esercitare poteri sostitutivi solo se espressamente previsti dalla legge e nei limiti stabiliti.
La sentenza ha evidenziato che il principio di legalità e tipicità dell’azione amministrativa impone che i poteri sostitutivi siano esercitati solo in presenza di norme specifiche. Inoltre, nel caso in esame, l’amministrazione non può derogare alla regola generale che attribuisce al soggetto competente il potere di rivalutare la legittimità di un atto (principio del contrarius actus).
I poteri sostitutivi
La disciplina dei poteri sostitutivi nasce con l’intento di ridurre il contenzioso contro l’inadempimento della pubblica amministrazione di fronte alle istanze dei privati. Questa disciplina si inserisce all’interno dell’articolo 2 del d.lgs. n. 267 del 2000, che concerne la doverosità dell’azione amministrativa e dei suoi tempi, come espressione del principio di legalità. Per configurare un inadempimento della pubblica amministrazione che legittimi l’attivazione del potere sostitutivo, è necessario che una norma o esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede.
L’annullamento d’ufficio e l’accertamento di conformità delle opere
Il Consiglio di Stato ha inoltre chiarito che i poteri di annullamento d’ufficio sono strettamente legati alla funzione amministrativa attiva, e che il trasferimento della competenza comporta anche il trasferimento di tale potere. Nel caso specifico, non è emerso alcun vizio particolare che giustificasse una deroga alla norma.
Infine, il regime dell’accertamento di conformità delle opere realizzate in assenza di segnalazione certificata di inizio attività o in difformità dalla stessa è regolato dall’articolo 37 del d.P.R. n. 380 del 2001. Questo articolo prevede il requisito della doppia conformità (l’intervento deve essere conforme sia alla normativa vigente al momento della realizzazione sia a quella vigente al momento della presentazione della domanda), ma presenta lacune procedurali che complicano ulteriormente la materia.
Il testo della Sentenza
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it