Una recente sentenza della Corte dei Conti del Molise sostiene che è possibile conferire incarichi per attività di formazione, affiancamento e assistenza anche ai pensionati: scopriamone di più.
È possibile conferire incarichi retribuiti a personale in quiescenza per attività di formazione operativa, affiancamento, supporto e assistenza, in quanto gli stessi non sono assimilabili a quelli vietati ex art. 5, comma 3, del d.l. n. 95/2012, convertito in l. n. 135/2012, sempre che gli incarichi siano effettivamente caratterizzati dalla mera condivisione, in favore di personale neoassunto e per un periodo di tempo circoscritto, dell’esperienza maturata dal pensionato nell’esercizio delle mansioni in precedenza affidategli e che vengano rispettati i limiti imposti dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001.
È questo, in sintesi, il principio affermato dalla Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Molise, nella deliberazione n. 34 del 4 marzo 2025.
Il caso
I giudici contabili molisani sono stati chiamati a pronunciarsi su una richiesta di parere inoltrata da un sindaco, relativa alla possibilità di conferire un incarico retribuito a personale collocato in quiescenza. In particolare, nella richiesta in parola, dopo aver descritto la situazione della dotazione organica di un servizio comunale (composto da tre risorse umane, di cui due assunti a tempo indeterminato nel giugno dello scorso anno ed una titolare di un contratto a tempo determinato e parziale con scadenza nel mese di febbraio del corrente anno), è stato riferito che il responsabile del servizio comunale indicato nell’istanza di parere, ora in quiescenza, ha manifestato la disponibilità a fornire attività di mera formazione operativa, affiancamento, supporto e assistenza al personale neoassunto per il periodo di un anno.
Tanto premesso, è stato chiesto ai giudici contabili di conoscere il loro avviso relativamente all’effettiva “sussistenza del divieto sancito dall’articolo 25 della legge 724/1994 per incarico retribuito a dipendente titolare di pensione, da affidare da parte dell’Amministrazione di provenienza, con cui lo stesso abbia avuto rapporti di lavoro o impiego nei 5 anni precedenti a quelli di cessazione, per espletamento di attività di supporto, affiancamento e assistenza a personale neoassunto, per il periodo di un anno e con un compenso di circa di euro 28.000,00”.
La Sezione regionale di controllo de qua – scrutinata positivamente l’ammissibilità della richiesta di parere in parola sotto il profilo soggettivo e oggettivo, con la precisazione che “devono essere espunti dal quesito gli specifici riferimenti al momento di cessazione del dipendente dal servizio, alla concreta durata dell’incarico da conferire e alla specifica misura del compenso da corrispondere al dipendente in quiescenza” – ha trattato il merito della richiesta, non senza effettuare preliminarmente una ricognizione normativa e giurisprudenziale della tematica concernente il divieto di conferimento di incarichi a soggetti titolari di trattamento pensionistico.
Al riguardo, la deliberazione in disamina ha preso le mosse dall’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, nella l. n. 135/2012, evidenziando come la finalità sottesa al divieto in parola risponda soprattutto sia all’esigenza di contenere la spesa pubblica, sia a quella di favorire il ricambio generazionale.
Sono conferibili ai pensionati incarichi per attività di formazione, affiancamento e assistenza
Tanto premesso, i giudici molisani hanno ricordato gli interventi del Dipartimento della Funzione Pubblica sulla portata della disposizione normativa in argomento, concretizzatisi nell’emanazione della circolare n. 6/2014, integrata dalla circolare n. 4/2015, ove è stato evidenziato che “la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica (…). Gli incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati”.
A tanto la deliberazione de qua ha aggiunto la considerazione che l’interpretazione restrittiva della disposizione normativa in parola rinviene la sua ratio giustificatrice nell’”esigenza di evitare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, che ammette limitazioni a carico dei soggetti in questione purché imposte in relazione ad un apprezzabile interesse pubblico (si vedano, in particolare, le sentenze Corte cost. n. 566 del 1989, n. 406 del 1995 e n. 33 del 2013)”, tenendo in debito conto anche la giurisprudenza europea della Corte di giustizia (pronuncia 2 aprile 2020, C-670/18 c. Comune di Gesturi), “che ha ritenuto che la limitazione dei diritti dei soggetti in quiescenza prevista dalla citata disposizione non sia contraria al principio di non discriminazione nell’accesso al lavoro sulla base dell’età anagrafica di cui alla direttiva 2000/78/CE purché, da un lato, detta normativa persegua uno scopo legittimo di politica dell’occupazione e del mercato del lavoro e, dall’altro, i mezzi impiegati per conseguire tale obiettivo siano idonei e necessari”, precisandosi che “tale discriminazione, se può trovare giustificazione nel perseguimento di un obiettivo di politica dell’occupazione giovanile, non può essere giustificata soltanto alla luce dell’esigenza di contenere la spesa pubblica, in quanto detto obiettivo può influire sulla natura e sulla portata di misure di tutela dell’occupazione ma non può costituire, di per sé, una finalità legittima che consenta discriminazioni altrimenti vietate”.
Le conclusioni dei giudici
Ponendosi in linea con la deliberazione n. 66/2023 della Sezione regionale di controllo per la Liguria e con la deliberazione n. 139/2022 della Sezione regionale di controllo per la Sardegna, l’atto in disamina, prendendo le mosse dalle considerazioni che precedono, ha ritenuto che, per rispondere alla richiesta di parere pervenuta, si dovesse verificare se “l’attività retribuita che si vuole intestare al soggetto posto in quiescenza e già dipendente della stessa Pubblica amministrazione risponda o meno ad una delle fattispecie contemplate dal divieto, a prescindere dal nomen juris in concreto attribuito dalla stessa all’incarico conferito”.
Al riguardo, per i giudici contabili molisani occorre stabilire se le attività contemplate per il dipendente in quiescenza (attività di “formazione operativa” e di “affiancamento, supporto e assistenza” volte ad illustrare al dipendente neoassunto, privo di esperienza on the job, le modalità operative di svolgimento delle mansioni assegnategli) fossero (con conseguente assoggettamento al divieto) o meno ricomprese nell’ambito di quelle non consentite (incarichi di studio, incarichi di consulenza, incarichi dirigenziali, incarichi direttivi, cariche in organi di governo delle amministrazioni e in enti e società da esse controllati).
Alla luce delle predette coordinate ermeneutiche la deliberazione in disamina – ponendosi sulla scia di precedenti di altre Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (Sez. reg. contr. Basilicata, n. 38/2018/PAR; Sez. reg. contr. Lombardia, n. 126/2022/PAR; Sez. reg. contr. Liguria, n. 66 /2023/PAR cit. e Sez. reg. contr. Lazio, n. 88/2023/PAR) – sul presupposto del predetto carattere tassativo delle fattispecie contemplate dalla disposizione normativa de qua e dell’esclusione che le descritte attività di “supporto, affiancamento e assistenza” rientrino nell’ambito di applicazione della norma in argomento, sempre che le stesse si differenzino da quelle di studio e di consulenza (vietate) – ha ritenuto escluse dall’ambito di applicazione del divieto in parola le attività di “formazione operativa, affiancamento, supporto e assistenza” se effettivamente caratterizzate dalla “ mera condivisione, in favore di personale neoassunto e per un periodo di tempo circoscritto, dell’esperienza maturata dal soggetto in quiescenza nell’esercizio delle mansioni in precedenza affidategli” ed espletate nel rispetto dei limiti imposti dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001.
Il testo della sentenza
Fonte: articolo del Dott. Marcello Lupoli - Dirigente Pa